La cattiveria d'animo passa dalla deformità del corpo? La bravura di Sorrentino è stata proprio quella di riuscre a dipingere un essere malvagio, subdolo, ripugnante in maniera magistrale. Così come la situazione di vita in cui si trova. Questa malvagità arriva ancora più diretta con una scelta claustrofobica degli interni e della fotografia, che danno la sensazione di soffocamento, parallela alla repressione di ogni sentimento umano. Ma la cosa più inquietante del film non è la malvagità di Geremia. Ma quella di tutti nella società. Solo che in Geremia è riconoscibile per il suo aspetto deforme. Negli altri, uomini o donne, è nascosta sono la bugia di un bell'aspetto.
Sorrentino, al suo terzo film, porta sulla schermo la storia di un usuraio di Latina, spietato e laido. La pellicola inizia con la scena di una suora sepolta sulla spiaggia, una "scena-continuazione" di come era terminato il suo secondo lungometraggio, lo splendido "Le Conseguenze dell'Amore". Da qui parte la storia di Geremia, un uomo solo e spietato, brutto, che vive con una madre vecchia che lo tratta come un bambino, la cui unica felicità è accumulare soldi in banca. Sorrentino da a questo personaggio una caratterizzazione caricaturiale sia nella figura che nei modi di fare ed agire. Geremia, non prova sentimenti e pensa di essere un benefattore della comunità con la sua tipica frase "Il mio ultimo pensiero sarà per voi”, ma un'improvviso innamoramento per la bella del paese, Rosalba Miss Agropontino, interpretata da Laura Chiatti, lo porterà a fargli la "perdere la bussola". L'amore lo sconvolge e gli fa perdere tutto: è per lui una nuova sensazione che lo porta a rischiare, ma come un bambino (così lo chiama anche la vecchia madre) ingenuamente cascherà nel più subdolo dei tranelli. Il regista mette ancora una volta in scena il teatro della vita quotidiana, che può essere cambiata fino a rischiare tutto per un sentimento nuovo e forte come quello dell'amore. Ma anche Geremia come Titta Di Girolamo non fa i calcoli con "le conseguenze dell'amore". La fotografia del film è molto intensa e si alternano primi piani a sequenze ampie. A volte il regista stringe sul volto di Geremia, facendogli assumere ancora di più le caratteristiche ambigue del personaggio tramite i suoi sguardi. L'attore teatrale Giacomo Rizzo interpreta sublimamente la parte dell'usuraio. Fabrizio Bentivoglio, nelle vesti di cowboy dell'Agropontino, non convince del tutto: troppo poco espressivo, troppo stonato quell'accento del nord. Anche Laura Chiatti, ormai ovunque sul grande e piccolo schermo, non convince del tutto. Il resto del cast è ben inserito nella dinamica della storia, sembrano tutti personaggi fatti apposta per il film, dalla più inutile delle comparse al "cameo" del grande Giorgio Colangeli nelle vesti dell'avvocato di città. Per concludere, bisogna dire che Sorrentino è riuscito ancora una volta a far riflettere lo spettatore, producendo un film dalle tematiche forti ed importanti...
Nei rinnovati 100 minuti de "L'amico di famiglia", rimontato dopo aver portato a Cannes una prima versione poi scorciata nel finale ma non solo, Sorrentino dispensa conferme. Con i suoi tre lungometraggi ha finora tenuto altissimo lo standard, in una mirabile integrità di valori cinematografici. Come spesso succede con Sorrentino, a prima vista l'eccesso di barocchismi fa storcere il naso, ma ritornando a posteriori sull'incipit si possono apprezzare i paradossi che letteralmente scolpiscono nell'immagine (ralenti in composizioni geometriche, intersezioni di linee e punti di fuga) le psicologie dei personaggi. Proprio la stretta dipendenza del racconto dall'immagine è stata la boccata d'aria che Sorrentino, insieme ad altri giovani degli anni 2000, ha portato nel cinema italiano. È bello vederne quindi gli sviluppi, anche quando rischia (rischia) di apparire non necessaria. Sorrentino grottesco, orrorifico, straniante ma divertente, come ci tiene a far presente lui. Non sembra il caso infatti di addentrarsi nel ricamo sociologico, nel piegare questo film alla logica seriosa della blanda denuncia. L'unica cosa che dovrebbe far riflettere è l'enorme piacere filmico che "L'amico di famiglia" riesce a procurare, anche quando si addentra nel perturbante come faceva il più cupo "L'Imbalsamatore" di Garrone. Allontanatosi dal mostruoso Toni Servillo (protagonista del precedente "Le conseguenze dell'amore"), il regista partenopeo non ha comunque smesso di costruire personaggi atipici su caratteristi di sicuro successo. Il Geremia di Giacomo Rizzo è, in una parola, meraviglioso. Un film che coniuga al meglio il ludico e il grottesco. Bravo Sorrentino, e speriamo che duri.
Ciao sono Elisabetta ho 42 anni. Sono una delle comparse del suo film, la donna che sbatte la testa al muro. E non per essere di parte ma ho visto non solo il film dove ho partecipato ma avevo visto già anche i suoi precedenti successi "Le Conseguenze dell' Amore" e " Un Uomo in Più". Come regista i suoi premi per me se li merita tutti è un ottimo scrittore ed è riuscito a trasmettere la dura realtà della vita cambiando il finale alle solite favole dove tutto è diventato quasi scontato! Devo dire la verità all'inizio i suoi film sembrano mattoni da digerire ,ad esempio la voce fuori campo de "Le Conseguenze dell'Amore" e l'inizio del film "L'Amico di Famiglia" ma riesce man mano a far risalire l'interesse ! Forse l'unica cosa che gli manca a mio avviso, visto che gli attori che lui scieglie sono molto bravi ,è cercare all'inizio di non far pensare di aver sbagliato film da vedere! Comunque bravo a trasmettere il suo pensiero! Paolo Sorrentino spero tu legga questo messg...
Sorrentino ci propone un film barocco. Come era stato essenziale ne “Le conseguenze dell’amore” così in questo film esagera e aggiunge. L’amico di famiglia del titolo è un usuraio , una figura laida e meschina ma dall’apparenza mite. Bravissimo Giacomo Rizzo, aderente come non mai al personaggio. La storia scivola via senza intralci e anche qui come nel film della Comencini è il denaro il vero motore di ogni azione. Sembra un piccolo apologo morale sulla miseria umana e sull’impossibilità dell’amicizia. E’ un ritratto amaro della società: i personaggi che chiedono i prestiti non sono migliori dell’usuraio. Il denaro, muto e fedele, è l’unico amico di Geremia che non ferma davanti a nulla la sua ingordigia e da questa stessa sarà travolto. Lo scenario quasi onirico dell’Agro Pontino, e la ridda di personaggi mostruosi eppure così reali ci hanno riportato alla mente un modo di fare cinema che credevamo perso. Ottima la fotografia di Bigazzi tra interni bui e cupi ed esterni abbaglianti.
Il film mi è piaciuto. La sceneggiatura è molto particolare, come la fotografia. Un film fuori dagli schemi...