Un film leggero. Forse troppo. Sembra non decollare mai. Pupi Avati costruisce un microcosmo fatto di donne, belle donne. Problemi complessi: tradimenti, matrimoni finiti, malattie, chirurgia estetica, abbandoni. Forse un po' troppa carne al fuoco. Il tutto è salvato dall'interpretazione delle attrice, belle e brave e da Abatantuomo. Brava anche Francesca Neri.
Inutile dire che il film non è perfetto, ma del resto poche cose nella vita lo sono realmente. Iniziamo dalla fine. Alla conclusione della pellicola nasce il sospetto che in fondo questa cena per farli conoscere altro non sia che un tenero omaggio al cinema italiano, a tutti quei figuranti che a causa della crisi economica e produttiva che progressivamente ha depotenziato l'industria cinematografica italiana hanno speso la propria vita all'interno d'un qualcosa che lentamente si è andato inaridendo ed entro il quale in un certo qual modo hanno visto la propria vita scorrere alla ricerca d'una chimera sfuggente, forse mai esistita, dovendosi poi accontentare d'un surrogato di bassa lega dell'Arte, ovvero la (chi)mera notorietà. L'ultima sequenza del film è un tristissimo provino per una campagna pubblicitaria d'una azienda di divani. Inquadratura fissa allestita scenograficamente in maniera approssimativa in cui Sandro Lanza, inquadrato a mezzo busto, ci racconta il suo sogno ricorrente, sogno in cui si trova a Roma, in piazza Navona, dove ad un certo punto incontra Pietro Germi, riconoscendolo gli dice che il suo Divorzio all'italiana (1962) è il suo film preferito, allora Germi gli confessa che in fondo di quella pellicola non è mai stato veramente soddisfatto e che anzi gli piacerebbe rigirarlo proprio con lui come protagonista. Concluso il racconto del sogno ricorrente, l'immagine si blocca e su di essa scorre la filmografia immaginaria di Sandro Lanza, nato a Vimercate (in provincia di Milano) e morto a Roma, che è un campionario di titoli plausibili della cinematografia italiana dagli anni sessanta ai giorni nostri, una rassegna di quei generi e sottogeneri del cinema di serie B e C. Sandro Lanza (Diego Abatantuono) è un attore sul viale del tramonto che ha iniziato a lavorare con Corbucci sognando il Grande cinema, ma che si ritrova a dover lottare per rimanere nel cast d'una soap opera televisiva. Ha tre figlie, avute da tre donne diverse, trascurate per la carriera: Clara (Vanessa Incontrada) vive a Madrid dove esercita la professione di pediatra ed è sposata con un uomo in crisi, Ines (Inés Sastre) è una giornalista di successo a Parigi mentre Betty (Violante Placido) è da poco sposata con un cinico industriale romano. Sandro si sottopone ad un intervento di chirurgia estetica in quei di Parigi per dimostrare vent'anni di meno ma le cose non vanno per il verso giusto, si ritroverà con un occhio impossibilitato a chiudersi (come accadeva ad Alberto Sordi in Sono un fenomeno paranormale, film del 1985 di Sergio Corbucci). Disperato cercherà aiuto in Ines, ma questa trattandolo freddamente una volta consigliatogli un buon avvocato tornerà nuovamente alla sua vita. Tornato in Italia la sua carriera entrerò definitivamente in crisi, verrà scaricato dalla televisione come pure dalla starlette con la quale aveva iniziato un rapporto. Sconsolato e disperato Sandro tenterà il suicidio, andandoci molto vicino. Le figlie appresa la notizia accorreranno al suo capezzale, ricostruendo quella strana famiglia da lui messa in piedi nel corso d'una esistenza scostante. Dimesso dall'ospedale le tre decidono di organizzare una cena per fargli conoscere una donna che pare possa essere innamorata di lui (Francesca Neri nei panni di Alma Kero, donna colta e sofisticata che con tutta probabilità ha “sbroccato” anche a causa di un saggio di mille cartelle su Alban Berg), nella speranza di potersi liberare d'un padre del quale nessuna vorrebbe prendersi cura. In realtà la donna in questione sta ancora peggio di Sandro, disperata e scombussolata dall'abbandono da parte del marito. La cena per farli conoscere si rivelerà un fallimento ma sarà in grado di far scattare un ripensamento in Sandro, un qualcosa che lo libererà dalla sua ossessione per la carriera che lo farà essere più consapevole degli affetti e dell'amore che lo circondano. Il cast di assoluto rilievo allestito dagli Avati brothers (dirige Pupi e produce Antonio) è composto da quattro bellissime donne del nostro cinema che attorniano uno dei pochi e veri mattatori del cinema italiano, che proprio con Pupi Avati iniziò la sua carriera di attore “serio” nell'oramai lontanissimo 1986 con Regalo di Natale. Pupi Avati firma ancora una volta una pellicola che ha le potenzialità per poter parlare ad ogni fascia d'età di pubblico, riuscendo ad essere coerente con la propria poetica ma al contempo accrescendo quella venatura pessimista riscontrabile nelle sue pellicole. Al film manca qualcosa, forse proprio perchè alla fine quel che ci rimane è un sapore amaro, una malinconica sensazione di illogicità dell'essere. Ma se letto come omaggio al cinema, come un sentito omaggio al cinema italiano, il film si apre ad una nuova interpretazione regalandoci emozioni e riflessioni profonde grazie al sapiente e scanzonato tocco jazzistico di Pupi Avati. La sopracitata filmografia immaginaria di Sandro Lanza porta alla mente il medesimo gioco messo in campo da Nanni Moretti nel suo ultimo film (Il Caimano, 2006), dove si ripercorrono le "opere" realizzate dal produttore Bruno-Orlando (Maciste contro Freud, Cate-ratte, Stivaloni porconi), ed anche in questo caso ciò che pare ci si voglia raccontare sia il fallimento, o quantomeno, le difficoltà d'una industria culturale che in quanto settima arte (perciò l'ultima) ha dovuto concedere troppo al mercato, sacrificando sull'altare del profitto talenti che non hanno avuto la possibilità di esprimersi appieno. Non posso fare a meno di segnalare la bella colonna sonora di Riz Ortolani, vero e proprio compagno di merende del regista bolognese, per il quale ha firmato tantissime colonne sonore e che troppo spesso appare dimenticato dalla critica cinematografica che, priva di memoria, scorda quei nomi che hanno fatto la storia del cinema italiano. Se il suo apporto alla cinematografia italiana passasse davvero nel dimenticato avremmo perso una grande occasione per poter dire qualcosa di “serio” su quel mondo che con troppa facilità millantiamo in continuazione di amare, ma che forse amiamo solamente d'un sentimento a senso unico, incapaci di ascoltarlo fino in fondo. Inutile dire che il film non è perfetto, ma del resto poche cose nella vita lo sono realmente.
Molto attuale, l'humus emotivo su cui viene costruito l'intreccio, siamo in un oggi fatto di chirurgie estetiche, sete di fama e di successo, matrimoni infelici, rapporti sociali e familiari sempre più tesi! Una pellicola nel complesso gradevole, a tratti ingenuo-sentimentale, a tratti comica. Un cast di belle donne che sicuramente ha il suo appeal sul pubblico e un Abatantuono energico, dall'occhio ballerino. Perchè no? Da vedere...
Il maestro emiliano Pupi Avati è stato sempre un regista eclettico, alcune volte sorprendente. Nel suo percorso cinematografico si é visto di tutto: dagli horror come "La Casa dalle Finestre che Ridono" e "Zeder" a veri e propri thriller, da film epici e di storie avventurose a quegli in cui omaggia il suo amore principale: il jazz "Ma Quando Arrivano le Ragazze?". Ogni volta comunque mostra qualcosa di originale e "diverso" nel panorama del cinema italiano. Ultimamente poi il regista si è soffermato al voler raccontare una particolare concezione di cinema, più realistico, più incentrato sul nucleo familiare e coi suoi rapporti con la società. In questa sua ultima fatica, (il 32-33esimo film per lui), Pupi Avati mette in scena un attore sul viale del tramonto, Sandro Lanza, impersonato da un ottimo Diego Abantantuono che, reduce da un lifting mal riuscito e da una storia fallimentare con una truccatrice, tenta il suicidio alla vigilia di Natale. Entrano in scena dunque le sue tre figlie (con tre madri diverse); Ines (brava e raffinata Ines Sastre), Betty ( dolcezza quasi infantile di Violante Placido) e Clara (radiosa e solare Vanessa Incontrada). Le 3 donne decidono di convocare la donna che potrebbe rendere felice (una partecipazione straordinaria di Francesca Neri che sebbene abbia intrapreso la carriera di produttrice, dimostra magistralmente e con poche battute le sue doti attoriali) e far rivivere il loro padre; organizzano così "la cena per farli conoscere". Il "tocco d'Avati" si percepisce ormai in tutte le sue variegate pellicole; l'eleganza e l'asciutezza della messa in scena, la verve umoristica degli attori, l'alternanza di commedia e dramma. Un film da "leggere" e da manipolare con cautela, ricco anche di minuscole ma efficaci critiche e sguardi cattivi allo "star-system televisivo" e al gossip scandalistico.
E Pupi Avati ha fatto trentacinque. Già, "La Cena per Farli Conoscere" è la trentacinquesima pellicola del regista bolognese, un film tra cinema e fiction, che narra la storia di un attore in disgrazia e che ha molti punti di contatto con "Regalo di Natale". Entrambi i film sono ambientati alla vigilia del Natale con protagonista un uomo in disgrazia, in piena crisi esistenziale che è talmente disperato da arrivare fino al suicidio. C'è però qualcosa nel "La Cena per Farli Conoscere", che non convince più di tanto. Sarà che la storia non è delle più riuscite, sarà che la pellicola a tratti appare lenta e non riesce più di tanto a coinvolgere lo spettatore. Avati mette in questa sua "commedia sentimentale" tanti spunti, però senza svilupparne adeguatamente nessuno. Non riesce a dare brio al film nemmeno nei momenti più divertenti, perchè messi a sprazzi in una sceneggiatura lenta, con una gestione dei ritmi e dei tempi narrativi molto blanda. C'è comunque una dura critica alla TV di oggi, che propone personaggi "strani" e non ha più nessun tipo di qualità. In stile morettiano e ripresi dal periodo trash anni '70, i titoli inventati dei vari film interpretati da Sandro Lanza (Diego Abatantuono) durante la sua carriera di attore. Vi è una critica alla TV spazzatura e tanta nostalgia del tempo che fu nei vari dialoghi autoreferenziali di Lanza che citano Sergio Corbucci, Pietro Germi e Dino Risi. Gli interpreti recitano tutti molto bene, come sempre nei film di Avati. Bravo Diego Abatantuono nella parte dell'attore fallito, talmente fallito che non gli riesce nemmeno il tentato suicidio. Brave tutte le bellezze del cast: Violante Placido, Vanessa Incontrada, Ines Sastre e Francesca Neri, che sfodera dal cilindro una prestazione superba durante la cena a cui viene invitata per farle conoscere il personaggio interpretato da Abatantuono. Il film detta anche il ritorno sul grande schermo di Fabio Ferrari (il Chicco Lazzaretti de "I Ragazzi della 3ª C"), viscido marito di Violante Placido. Molto buona anche la sua prova in quanto riesce a non rendere macchiettistico il personaggio affidatogli da Pupi Avati.