E’ algida e grigia la Milano di Francesca Comencini. “A casa nostra” è un film corale nel quale le storie sono tutte destinate ad intrecciarsi intorno ad un elemento: il denaro. E’ quello il movente di ogni azione. Non ci sono personaggi positivi in questo film, la ricerca di ognuno è destinata al fallimento. Non sembra esserci né speranza né riscatto e il risultato è il ritratto di una città e di un tempo egoisti e disperati. Comencini svolge il suo compito servendosi di citazioni: dalla pittura di Edward Hopper (che ci riporta nella dimensione asettica e muta della metropoli) al teatro di Testori (la prostituta inginocchiata nell’atto del sesso orale e poi ripresa in chiesa al momento della comunione ci ha richiamato alla mente “In exitu”). E il film procede bene, magari mettendo troppo storie e troppi personaggi, ma riuscendo a darci uno spaccato dell’incomunicabilità e del malessere contemporanei.