Luigi Lo Cascio nella parte di un cattivo, di un "uomo d'onore", è sicuramente la cosa più stuzzicante di questo film di Andrea Porporati, che ha molto della fiction televisiva e poco della drammaticità cinematografica. Il personaggio di Saro Scordia è però molto abbozzato: non viene descritto intimamente e non rende bene da un punto di vista scenico il suo cambiamento morale e sociale. Il messaggio di "cambiamento" e di "allontamento" dal mondo della mafia è impostato sui canoni del rigetto e dettato dalle circostanze che inducono il protagonista a dover scappare dal suo ambiente per non essere ucciso, mostrando allo spettatore che l'unica maniera di uscire da "cosa nostra" è quella della fuga. Porporati, quindi, vuole dimostrare con la sua pellicola, e ci riesce pienamente, che è meglio stare alla larga dalla mafia da subito, perchè una volta entrati non si può più uscirne. Divertentissima la scena della rapina, dove il mafioso del sud va a rubare in una banca di Torino e la cassiera non capisce niente di quello che dice fino all'intervento di un cliente che si offre come traduttore dicendo: "sono di Partinico". Molto azzeccato e ben costruito il personaggio del malvivente che "firma" i quadri in carcere, meno quello della protagonista femminile, interpretato da Donatella Finocchiaro.