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Erica Gazzoldi  (08/09/2011 @ 11:18)
La lunghezza e l'andamento narrativo pacato suggeriscono un film "epico". Tuttavia, il contenuto fa pensare piuttosto ad un'"anti-epica" del nostro Risorgimento, periodo celebratissimo, ma intricato, ben lontano dall'unidimensionalità tipica delle epopee. Per l'appunto, l'unitarietà finisce per essere bandita anche dalla struttura narrativa, che si frammenta in tre quadri principali, ciascuno, a sua volta, formicolante di vicende diverse che si intersecano. Icone oleografiche come Giuseppe Mazzini, Francesco Crispi e le "camice rosse" riacquistano carne, volumi, soprattutto chiaroscuro. Inoltre, i protagonisti non sono loro, eroi dei libri di scuola, ma tre patrioti semisconosciuti, solo liberamente ricalcati su uomini realmente vissuti. Come a dire: dietro l'Italia una ed indipendente vi sono molti che neppure compaiono nelle nostre memorie, se non in quelle dei super-appassionati di storia. Figure -come si rammarica Domenico nel finale- destinate a farcire elenchi di nomi in qualche celebrazione retorica, senza che i moderni possano realmente concepire il sangue ed il sudore che hanno versato. E "Noi credevamo" è un'affermazione carica di forza, ma al passato, come se delusa. Il film ridà rilievo anche ad un'illustre sconosciuta della nostra storia patria, la principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, ritratta anche dal pittore Francesco Hayez. Donna di grande cultura, scrisse un "Essai sur la formation du dogme catholique"; organizzò servizi d'infermeria per i feriti delle guerre d'indipendenza; partecipò alle Cinque Giornate di Milano ed animò un vivo salotto culturale, frequentato anche dal pianista Franz Liszt (forse appena adombrato, nel film, da Angelo Cammarota). Con la vecchiaia e la perdita di bellezza e salute, la principessa cadde nel dimenticatoio, quando addirittura non fu vittima di una stampa perfida. Per una biografia allo stesso tempo ricca ed accessibile: Angela Nanetti, "Cristina Belgioioso - Una principessa italiana", Edizioni EL

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