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Cast


Montaggio:
Chiara Arnone

Riprese:
Chiara Arnone

Giornalismo Precario


Regia: Chiara Arnone, Francesca D'Argenio
Anno di produzione: ancora in produzione
Durata: n.d.
Tipologia: documentario
Paese: Italia
Distributore: n.d.
Data di uscita:
Titolo originale: Giornalismo Precario

Sinossi: ll giornalismo è il pilastro della democrazia. Ma i giornalisti non sono tutti uguali. Il mondo dei giornalisti precari, infatti, si ingrossa ogni giorno di più, provocando una mutazione radicale del sistema dell'informazione. Mentre i cosiddetti professionisti a posto fisso e garantito scompaiono, si moltiplica la popolazione dei tesserati all'Ordine dei giornalisti, il lavoro autonomo cresce e si impoverisce sotto i colpi della crisi dell'editoria e senza che il digitale e la multimedialità garantiscano una certezza alternativa. Con la corsa degli editori al maggior ribasso dei compensi e con il sindacato di categoria legato ai benestanti dinosauri del mestiere, continuano a soffrire senza tutele i 25 mila giornalisti precari che rappresentano, ormai il 55% della forza attiva nelle redazioni italiane.

Forse mai come in questo periodo il giornalismo comincia pesantemente ad arrancare e non ha ancora saputo trovare una via d'uscita alla crisi economica. Il declino degli introiti pubblicitari sulle testate nazionali e l'influenza della congiuntura economica hanno finito per diventare un mix letale, a cui si aggiunge silenzio, omertà e vergogna.

Trenta euro: tanto vale in media un articolo scritto da un giornalista freelance per una delle grandi e blasonate testate della stampa italiana. La Gazzetta dello Sport, Libero, Il Messaggero, Il Tempo, l'Unità. Quando si tratta di precari, collaboratori o peggio ancora di freelance, è davvero difficile distinguere tra tipologie di testata, orientamenti e appartenenze politiche. Per mettere insieme mille euro al mese, i tantissimi giornalisti precari impiegati in giornali, agenzie, radio, televisioni e uffici stampa della capitale dovrebbero lavorare in media quaranta giorni.

Perché in Italia tranne rare eccezioni fare il giornalista significa rassegnarsi ad una vita da precario? Decine di migliaia di giovani e non, alcuni con esperienze professionali importanti portano in redazione gran parte delle notizie, sostenendo autonomamente le spese per scrivere il pezzo, dalle telefonate ai trasporti e alla fine ricevono compensi ridicoli.

Il lavoro del giornalista è stato da sempre molto ambito. Sono 116.000 gli iscritti all'ODG. Il triplo che in Francia. Il doppio che in UK. 60.000 sono negli Usa, la metà dell'Italia. Mentre in gran parte dei paesi occidentali la densità della professione giornalistica è in declino, in Italia i giornalisti continuano ad aumentare, anche se solo il 45% degli iscritti sono "attivi'' ufficialmente e solo 1 su 5 ha un contratto di lavoro dipendente. Un numero che si è quadruplicato negli anni, considerando che nel 1975 gli iscritti complessivi erano solo 30.000.1 Il numero dei giornalisti con rapporto di lavoro autonomo è cresciuto e continua a crescere, si tratta non solo di pubblicisti ma anche e sempre più di professionisti con le inevitabili conseguenze che tutto ciò comporta sul quadro complessivo della professione: maggiore flessibilità, ridotte garanzie sociali, minori livelli contributivi. Così il lavoro del giornalista si indirizza sempre più verso il precariato, riducendone l'autorevolezza e l'autonomia. Un vero paradosso in tempi di crisi acuta, perché il mercato anziché assorbire espelle. E così la macchina dei praticantati, degli esami, dei corsi, delle scuole di giornalismo e dei corsi di Scienza della comunicazione rischia di diventare e produrre una "fabbrica di disoccupazione".

Oltre 2.000 giornalisti precari solo a Roma, contrattualizzati con le più diverse soluzioni. La giungla del giornalismo nella Capitale pullula di collaboratori e freelance pagati da un minimo di cinque euro lorde a pezzo fino a un massimo di 120 euro a pezzo, con una media che si aggira attorno ai trenta. Su un totale di duemila precari, circa 800 dipendono dalla carta stampata mentre i restanti 1.200 sono targati Rai, Sky o dipendono dai tanti uffici stampa politici presenti nella Capitale. Oltre alla questione dei compensi, però, l'altra anomalia dell'informazione e dell'editoria italiana è rappresentata dalla moltitudine di contratti con cui vengono inquadrati collaboratori e freelance: co.co.co, consulenza, programmista, autore, co.co.pro, partite iva fittizie e stage gratuiti.

Per quanto esista un Odg, quindi un Albo professionale in cui rientrano i giornalisti, all'interno di esso le disparità sono evidenti e profonde. I dati confermano inoltre che a pagare la crisi del sistema industriale/editoriale del giornalismo italiano sono i lavoratori. Si sceglie di prosciugare quanto più possibile le redazioni, dove il costo del lavoro è più alto, concentrando lì il minimo indispensabile di attività di progettazione, e spostando invece all' esterno tutta la fase della produzione di notizie e servizi, affidata a un nuovo pubblicismo sempre più robusto in termini numerici ma sempre più debole in termini di diritti e di reddito.

Sito Web: https://www.produzionidalbasso.com/pdb_3365.html

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