Fondazione Fare Cinema
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locandina di "Gli Americani a Roma"

Cast


Soggetto:
Pino Nazio

Sceneggiatura:
Pino Nazio

Musiche:
Claudio Luongo

Montaggio:
Laura Bassi
Eugenio Di Nepi
Pietro D'Orazio

Effetti:
Luigi Masci

Fotografia:
Jo Amodio

Aiuto regista:
Luca Tarquini

Ricerche Storiche:
Michele Imperio

Ricerche Storiche:
Susy Sergiacomo

Assistente di Produzione:
Cristina Ferri

Gli Americani a Roma


Regia: Pino Nazio
Anno di produzione: 2004
Durata: 60"
Tipologia: documentario
Genere: storico
Paese: Italia
Produzione: Provincia di Roma
Distributore: n.d.
Data di uscita:
Formato di proiezione: DV. colore e bianco/nero
Titolo originale: Gli Americani a Roma

Sinossi: Il 4 giugno 1994 le truppe alleate entravano a Roma, liberando la città dopo nove mesi di dura occupazione dei tedeschi.

Ma gli americani avevano sfilato per le vie della città eterna, proprio su via dell’Impero, alcuni mesi prima.

Era stato il comandante militare tedesco della piazza di Roma ad avere l’idea di portare in parata i prigionieri, come segno della superiorità tedesca e per impressionare i romani che nella stragrande maggioranza non collaboravano con l’occupante nazista.

Ma succedeva che al passaggio dei prigionieri alcuni romani salutavano con calore i prigionieri, gli battevano le mani e questi rispondevano facendo la V con le dita, il segno della vittoria.

Màltzer abolì queste sfilate.

Ma come era accaduto che i tedeschi da alleati dell’Italia erano diventati nemici!

Solo tre anni prima il dittatore Benito Mussolini, annunciava -dallo storico balcone di piazza Venezia a Roma- l’entrata in guerra dell’Italia accanto alla Germania nazista.

E i tedeschi, i primi anni della Seconda Guerra Mondiale avevano riportato facili successi, Polonia, Belgio, Francia, i Balcani: l’ombra del nazismo si allungava su tutta l’Europa.

Ma il 1943 è l’anno della svolta.

I paesi dell’Asse, Germania e Italia, riportano le prime dure sconfitte nei deserti del Nordafrica e in Russia.

Il 10 luglio ’43 le truppe alleate sbarcano in Sicilia.

Trovano un paese semidistrutto, ridotto alla fame, un paese diverso da quello delle cartoline e delle parate, raccontato dai trionfalistici discorsi di Mussolini e dalla radio e dai giornali vittime della censura.

Il 25 luglio, si riunisce il Gran Consiglio del fascismo, il partito che da una ventina d’anni ha instaurato una pesante dittatura, abolendo le libere elezioni e la libertà di stampa, emanando leggi razziali e condannando gli oppositori al carcere e al confino, isolando l’Italia dalle nazioni democratiche e alleandosi con Hitler.

Mussolini è il padre-padrone del partito e –di fronte allo sfascio del paese- viene accusato dai gerarchi di aver condotto il paese in una guerra disastrosa che ha già portato in Italia migliaia di morti e invitato a lasciare l’esecutivo.

Nel pomeriggio del 25 luglio, re Vitttorio Emanuele III, lo stesso che aveva consegnato l’Italia nelle mani del dittatore, comunica a Mussolini la nomina del nuovo capo del governo: è il maresciallo Pietro Badoglio. Mussolini viene arrestato.

In tutto il paese esplodono manifestazioni spontanee per festeggiare la caduta del fascismo, che per molti è il segnale della fine della guerra. Ma Badoglio, con un comunicato radiofonico, informa che la guerra continua.

Il nuovo governo cerca da subito l’appoggio degli Alleati, pur mantenendo formalmente l’alleanza con la Germania.

Nell’agosto del ’43. Hitler, temendo un cambio di alleanza del governo italiano, invia numerose truppe in per contrastare l’avanzata degli Alleati sul suolo italiano e tenere la guerra lontano dai confini della Germania.

L’8 settembre ’43 viene annunciato l’armistizio tra il governo italiano e le forze angloamericane.

Vittorio Emanuele III e Badoglio scappano precipitosamente da Roma, si imbarcano a Pescara e si dirigono verso Brindisi, già liberata.

Il governo lascia i nostri soldati senza ordini precisi di comportamento, se non di cessare in ogni luogo le ostilità contro le forze Alleate.

Il paese è nel caos.

A Porta San Paolo a Roma, soldati italiani e gruppi di cittadini cercano di opporsi all’occupazione della città da parte dei tedeschi. La battaglia di Porta San Paolo non avrà successo e provocherà centinaia di morti, ma è il primo esempio di massa di quel fenomeno che segnerà il futuro del paese e che sarà la Resistenza.

Il 9 settembre ’43 i partiti che avevano vissuto in clandestinità costituiscono a Roma il Cln, il Comitato liberazione nazionale.

Ci sono i comunisti e democristiani, i socialisti e i liberali, i badogliani ed esponenti di Giustizia e Libertà.

Sempre il 9 settembre ’43 le truppe angloamericane sbarcano a Salerno.

12 settembre’43. Mussolini viene liberato dai tedeschi a Campo Imperatore sul Gran Sasso e condotto al cospetto del furer.

Mussolini ha intensi colloqui con il suo liberatore, Adolf Hitler.

Al suo ritorno in Italia, il 23 settembre ’43 crea nell’Italia occupata dai tedeschi un nuovo Stato fascista totalmente subalterno alla Germania: la Repubblica sociale italiana, la sede del governo è a Salò.

Hitler annette al Terzo Reich vasti territori del nord est dell’Italia, tra cui in Trentino Alto Adige, senza che Mussolini, dica una sola parola.

Il 27 settembre a Napoli scoppia una violenta rivolta antitedesca, che vede a fianco soldati fedeli al legittimo governo Italiano di Badoglio e semplici cittadini che dopo quattro giornate di duri combattimenti Napoli contringono -il 1° ottobre- le truppe tedesche abbandonano la città prima dell’arrivo delle truppe alleate.

13 ottobre ’43 il governo Badoglio dichiara ufficialmente guerra alla Germania.

Tre giorni dopo, il 16 ottobre ’43, il ghetto ebraico di Roma viene circondando dai tedeschi e dai fascisti loro alleati. Sono deportati nei campi di sterminio in Germania 1024 ebrei.

La guerra al Sud è ferma lungo la linea Gustav che va da Ortona, sull’Adriatico, alle foci del fiume Garigliano sul Tirreno.

E’ per sbloccare questa situazione che gli Alleati decidono di sbarcare a nord della linea Gustav e cercare di prendere in una morsa le truppe tedesche.

Alcuni giorni prima del 22 gennaio, data fissata per lo sbarco, il generale americano Clark invia un suo agente segreto a Roma.

Nella notte tra il 21 e il 22 gennaio, intorno alle due, sulla spiaggia di Nettunia – così si chiamano Anzio e Nettuno a causa di un decreto del 1939 che le aveva unificate- è iniziato lo sbarco delle truppe alleate. Si tratta dell’operazione Shingle (ovvero spiaggia di ghiaia). Il comando dello sbarco è affidato al generale americano John Lucas.

Le truppe alleate sono riuscite in breve ad impadronirsi dei porti di Anzio e Nettuno perfettamente efficienti.

Lo sbarco era stato preceduto da un violento cannoneggiamento della flotta americana verso la costa e l’entroterra, nel tentativo di fiaccare le postazioni tedesche e limitare il più possibile le perdite.

I paesi più colpiti dalla pioggia di proiettili sono stati Cisterna, Velletri e Lanuvio.

I tedeschi schierano poche migliaia di uomini con 2 battaglioni della 29° divisione Panzergrenadiere: il grosso delle truppe è a nord di Roma, dove era ritenuto più probabile lo sbarco alleato.

Ma si è trattato di un errore militare, che non sarà certamente l’unico di quella che passerà alla storia come la battaglia per Roma.

A Roma la notizia dello sbarco si diffonde rapidamente, i romani sperano in un arrivo rapido degli americani che si trovano a poche decine di chilometri. Sir Arold Alexander, capo del quartier generale alleato in Italia, dichiara: “Abbiamo ottenuto una sorpresa quasi completa. La strada per Roma è sgombra la liberazione della città – che avrebbe una eco mondiale – sempre più vicina”.

Gli oppositori dei naziafscisti vengono allo scoperto. La casa del Fascio della Garbatella viene occupata, dal quartiere di Centocelle i fascisti vengono cacciati. All’Università gli studenti manifestano per la libertà.

Il 24 gennaio i partigiani socialisti compiono una azione clamorosa, che sarebbe dovuta restare segreta…

Da una settimana si susseguono gli sbarchi di inglesi e americani con pochissimi scontri.

Il loro comandante Lucas è sorpreso dalla inesistente resistenza incontrata, e forse teme una trappola e invece di lanciarsi con i suoi uomini verso Roma –secondo gli ordini ricevuti- in questa prima settimana passata sulla sabbia di Nettunia ha rafforzato la testa di ponte.

Finora si sono riversati su un tratto di costa di pochi chilometri oltre 60.000 soldati, 380 carri armati, 4.000 autocarri, circa 14.000 automezzi leggeri (jeep, motociclette), poi cannoni, mortai e mitragliatrici.

Ma le operazioni non sono del tutto tranquille e c’è da registrare che ieri una bomba lanciata da un aereo tedesco ha colpito e affondato l’incrociatore inglese Spartan ancorato al largo della costa.

Degli uomini che erano a bordo ancora non si sa quanti siano riusciti a mettersi in salvo.

Dopo giorni di attesa, il 29 gennaio, il generale Lucas passa all’attacco.

Davanti agli alleati adesso non ci sono solo le poche migliaia di tedeschi che erano qui al momento dello sbarco. Il comanfo tedesco ha fatto arrivare in gran fretta la 14° armata (per un totale di 8 divisioni) agli ordini del generale von Mackensen La 3° divisione Usa e la 1° britannica attaccano in direzione di Cisterna e Campoleone, ma sono state bloccate prima di raggiungere le due località.

Un attacco sferrato dai rangers americani è stato respinto.

E’ stata una carneficina: dei 720 soldati impegnati nell’azione ne sono tornati solo sei!

Si capisce subito che la strada per Roma non sarà facile e la liberazione della città tutt’altro che imminente.

Mentre sul fronte di Anzio da giorni si susseguono durissimi scontri tra alleati e tedeschi il punto nevralgico di questa fase della guerra sul fronte italiano resta Cassino, a sud della zona dello sbarco.

Il 15 febbraio gli Alleati bombardano e distruggono l’abbazia di Montecassino, provocando trecento morti. Gli angloamericani ritenevano che l’antica abbazia fosse stata trasformata dai tedeschi in una fortezza. In realtà non c’erano soldati all’interno del monastero, ma subito dopo il bombardamento, il 3° reggimento paracadutisti tedesco, occupa quel che resta dell’abbazia e vi ha piazza la propria artiglieria. Così le rovine di Montecassino si trasformano in una roccaforte che domina la vallata e impedisce alle forze alleate (inglesi americani, polacchi, francesi e canadesi) di avanzare.

E’ continua la repressione nazifascista contro la popolazione civile, accusata di aiutare i partigiani o di sottrarsi all’arruolamento volontario nella Repubblica Sociale o –più semplicemente- di non aiutare i tedeschi nella guerra: a Pratolungo, nel comune di Velletri, vengono trucidate 14 persone.

L’attività dei partigiani si intensifica. Dalla data dello sbarco nel settore sud del Lazio si registra una media di 8 azioni al giorno. La più clamorosa è l’attentato compiuto nella notte tra il 14 e il 15 febbraio, che fece saltare un tratto della ferrovia Roma-Napoli nei pressi di Formia, in cui morirono 310 soldati tedeschi. Il 16 febbraio sul fronte di Anzio parte la controffensiva tedesca della XIV armata del generale Mackensen contro la testa di ponte angloamericana. Hitler vuole ricacciare in mare il nemico. L’azione ha costringe le truppe alleate quasi sulla linea del 29 gennaio, dove si trovavano una settimana dopo lo sbarco.

Ma le pesanti perdite subite dai tedeschi inducono Kesserling –comandante delle operazioni in Italia- a sospendere l’offensiva.

Il 23 febbraio il comandante della zona di sbarco, il generale Lucas è sostituito dal generale Truscott. Il presidente britannico, Wiston Churchill, aveva criticato Lucas per la sua eccessiva prudenza dopo lo sbarco.

La repressione nazifascista è in piena attività. Si susseguono rastrellamenti, deportazioni, fucilazioni e torture. La rete d’informatori organizzata a Roma funziona a pieno ritmo, fino a quando un tradimento non la fa saltare.

Il generale Maitland Wilson, comandante supremo delle operazioni militari nel mediterraneo, ed il generale Alexander, comandante delle armate alleate in Italia, si dedicano alla preparazione dell’offensiva primaverile.

C’è una situazione di stallo sia sul fronte di Cassino che su quello di Anzio: cresce il numero di caduti, da una parte e dall’altra, e crescono enormemente i disagi dei civili.

Per gli abitanti di Lanuvio, Velletri, Genzano, Ariccia, Albano, continua l’esodo verso le campagne, dove si trovavano migliaia di grotte, molte delle quali usate per la conservazione del vino. E’ una intera popolazione allo sbando.

Sono sessantamila: donne e uomini, anziani e bambini, che si trovano di colpo gettati nella preistoria: nessuno fornisce più viveri e farmaci; nessuno seppellisce i morti; le autorità si sciolgono come neve al sole; case, elettricità, acqua e commercio diventano ricordi del passato.

Tutti gli abitanti di Colleferro per via dei combattimenti e dei frequenti bombardamenti alleati, dovuti alla presenza in paese di una fabbrica di armi e munizioni, si ritrovano a vivere una vita sotterranea nelle grotte.

23 marzo, iIl generale Alexander, in attesa della buona stagione, decide di sospendere gli attacchi frontali contro la linea Gustav, e dà il via all’offensiva aerea denominata Strangle (strangolamento), basata su intensi bombardamenti, il suo fine è ridurre l’afflusso di rifornimenti al nemico in misura tale da rendergli impossibile il mantenimento e l’impiego delle sue forze nell’Italia centrale.

Cresce il movimento della resistenza, anche dal punto di vista organizzativo con la nascita di strutture nazionali e locali in grado di governare l’attività di migliaia di volontari su tutto il territorio.

La dura repressione nazifascista non si ferma.

L’8 aprile viene fucilato a Forte Bravetta a Roma don Pietro Morosini, accusato di spionaggio. Nell carcere delle SS in via Tasso e alla pensione Iaccarino dove operano i fascisti con la famigerata banda Koch, vengono attuate le più efferate forme di tortura.

Nell’attacco condotto dai Gap centrali muoiono 33 SS, parecchie restano ferite. Al bilancio vanno aggiunti due civili caduti sui marciapiedi di via Rasella.

Hitler appena informato dell’attacco è furibondo. Vuole che venga bruciato tutto il quartiere intorno a via Rasella, che gli abitanti vengano fucilati. Poi dal comando tedesco in Germania arrivano altri ordini: per ogni tedesco ucciso bisognerà fucilare dieci italiani. Il comandante delle SS Herbert Kappler vuole eseguire l’ordine al più presto e in gran segreto. Si fa consegnare prigionieri dal carcere di Regina Coeli, fa prelevare i detenuti di via Tasso, sceglie il luogo isolato delle cave che sorgono sulla via Ardeatina per eseguire la strage.

Soltanto Kappler, gli alti ufficiali nazisti, e pochi fascisti chiamati a collaborare vengono informati di quello che stava per accadere. Nessun appello agli attentatori viene affisso o diramato via radio.

Per 33 SS uccise in via Rasella, vengono fucilate 335 persone che non avevano niente a che fare con l’attacco gappista. Ci sono 5 morti in più dovuti ad un errore di Eric Priebke, l’ufficiale nazista che ha il compito di chiamare -uno ad uno- coloro che verranno condotti nel buio della Cava, con le mani legate dietro la schiena, e finiti con un colpo alla nuca.

Terminate le esecuzioni, con potenti cariche di dinamite, le SS fanno saltare l’ingresso della cava, nella speranza di cancellare –con il crollo della terra sulla catasta dei 335 morti- anche le prove della strage. I tedeschi temono che se la notizia venisse diffusa i romani potrebbero insorgere e si limitano a diffondere –nella mattina del 25 marzo- uno scarno, generico, comunicato.

“Sono ancora in atto le indagini per chiarire fino a che punto questo criminoso fatto è da attribuirsi ad incitamento anglo-americano. Il comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati, nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco assassinato, dieci criminali comunisti-badogliani saranno fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito”.

Nessuno dei familiari delle vittime viene avvertito.

Il 12 aprile, su invito dello stesso Cln, il Comitato di Liberazione Nazionale, e degli Alleati, il re Vittorio Emanuele III lascia la corona ottenendo per il figlio Umberto la luogotenenza del regno. La corona è stata da molte parti accusata di vigliaccheria per come ha gestito gli eventi degli ultimi mesi e in particolare per aver lasciato il paese allo sbando dopo l’armistizio dell’8 settembre.

Proseguono durissimi gli scontri tra alleati e tedeschi. Assieme ai tedeschi combattono i repubblichini di Salò della X Mas, comandati da Junio Valerio Borghese.

In città e nella provincia proseguono i rastrellamenti.

Il 24 aprile a Salerno si è insediato il nuovo governo italiano, il primo governo di unità nazionale, presieduto dal maresciallo Badoglio. Comprende esponenti del Cln (partito democratico cristiano, partito comunista, partito socialista, partito d’azione e partito repubblicano), tra i ministri anche Benedetto Croce e Carlo Sforza.

Ad Anzio si diffonde la leggenda di Angelita, una bambina di 5 anni che sarebbe stata trovata abbandonata sulla spiaggia dai soldati e che sarebbe morta con alcuni di loro e una nurse della Corce Rossa Americana sotto un violento bombardamento tedesco. La storia fa rapidamente il giro della zona, ma trova alcuna conferma.

Dopo l’offensiva aerea alleata l’11 maggio inizia quella terrestre.

La linea Gustav (quella che da Ortona sull’Adriatico arriva fino alla foce del fiume Garigliano sul Tirreno) ha subito numerosi sfondamenti da parte delle forze alleate.

Il 18 maggio il 12° reggimento polacco “Podolski” sferra l’attacco decisivo contro le rovine del monastero di Montecassino.

Alle 10,30 la bandiera polacca sventola sui ruderi dell’Abbazia.

Nella zona, a fianco degli alleati, c’è anche una brigata motorizzata italiana, del CIL, il Corpo di liberazione italiano, che è nucleo del nuovo, legittimo, esercito nazionale. Anche le nostre forze dipendono dalla VIII armata britannica.

Quattro giorni dopo la conquista di Cassino, il 22 maggio, il maresciallo Kesselring predisponeo un piano per la ritirata della X armata del generale Vietinghoff dalla valle del Liri attraverso Valmontone e Palestrina.

E proprio a Palestrina c’è da registrare l’ennesimo episodio di violenza nazista con l’uccisione di 11 persone tra cui i fratelli Pinci –due uomini e due donne- trucidati assieme al padre sotto gli occhi dell’anziana madre.

Il 23 maggio gli americani prendono il controllo della linea ferroviaria Cisterna-Roma.

Il 24 maggio Hitler autorizza Kesselring a ritirare le sue armate su una nuova linea difensiva, chiamata Caesar. La linea Caesar parte dalla costa adriatica all’altezza di Pescara e arriva al Tirreno, a metà strada tra Anzio e Ostia.

Il 25 maggio, il VI corpo americano sfonda il cerchio tedesco che chiudeva gli alleati nella testa di ponte di Anzio: la via per Roma è spianata.

Il 31 maggio gli alleati lanciano un’offensiva verso i Colli Albani.

Il 1° giugno entrano a Velletri e a Colleferro.

Le truppe tedesche, nel tentativo di coprirsi la ritirata, non risparmiano i paesi che attraversano. Il 30 maggio a San Vito Romano, una compagnia di guastatori inizia la distruzione di molti edifici, ma sono attaccati da una formazione partigiana della zona che riesce a bloccare l’opera di demolizione: nella battaglia 7 partigiani vengono uccisi.

Il 2 giugno gli Alleati entrano a Palestrina e Valmontone.

Il 3 liberano Albano, Lanuvio, Frascati, mentre a sud unità della 3° divisione americana e del Corpo di Spedizione francese avanzano lungo la statale 6 Casilina.

Il feldmaresciallo Kesselring riceve da Hitler l’autorizzazione a ritirarsi da Roma.

4 giugno 1944, alle otto del mattino i generali Clark, Truscott, Keys e Federick, una pattuglia di un battaglione dell’88° divisione, insieme con un gruppo di giornalisti e fotografi, sono al km 8 della via Casilina, dove si trova il cartello stradale della Capitale.

Dall’altra parte della città, verso nord, i tedeschi arrivati a La Storta fucilano quattordici prigionieri prelevati dalla prigione di via Tasso. Tra i martiri anche il sindacalista Bruno Buozzi.

La strage poteva avere proporzioni più gravi perché un altro camion di prigionieri –a causa di un sabotaggio- non è potuto partire e i suoi occupanti sono stati ricondotti nelle celle di via Tasso.

L’ultimo scontro armato della Resistenza nella Capitale è al “ponte di ferro” sull’Aniene, dove reparti di guastatori tedeschi, qualche decina di uomini, stanno piazzando delle cariche esplosive. Ma sono attaccati da una piccola formazione di sei partigiani e, tra loro, anche un ragazzino di nome Ugo. Ugo abita a via Nemorense ed è figlio di un impiegato statale. I tedeschi rispondono al fuoco con colpi di mortaio e feriscono tre partigiani, poi un colpo raggiunge il ragazzino combattente. I tedeschi temono che da un momento all’altro possa arrivare l’avanguardia degli alleati, mollano l’esplosivo e fuggono: il ponte è salvo.

Per terra è rimasto il corpo senza vita del piccolo Ugo: l’ultima vittima dei tedeschi a Roma.

Alle 19,15 del 4 giugno l’88° divisione americana entra a piazza Venezia: Roma è libera.

Tutto ormai è pronto per la parata ufficiale del giorno dopo.

Sito Web: http://www.pinonazio.it/tv/americani-a-roma

Ambientazione: Roma

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