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Note di regia del film "Tu Devi Essere il Lupo"


Vittorio Moroni descrive la sua opera prima "Tu Devi Essere il Lupo".


Note di regia del film
Una scena tratta dal film
Tra Carlo e sua figlia si è stabilito un rapporto molto forte, pieno di complicità; l'assenza della madre è sostituita, a volte comicamente, altre dolorosamente, da Carlo.
Carlo e Vale hanno “due case”: una è quella dove abitano e l’altra è il taxi, dove, da quando è nata, Vale ha sempre avuto un posto, una specie di cameretta il cui arredamento è cresciuto con lei. Non è stato facile per nessuno dei due vivere un’esperienza così anomala di famiglia.
Entrambi hanno paura di perdere l’altro e per questo si ostacolano nel fare spazio a nuovi affetti. La vita sentimentale di Carlo è molto precaria e la sua relazione clandestina con Elena è minata dalla gelosia di Vale.
Il tempo è scandito dai ritmi sonnolenti di una piccola città sperduta fra le montagne dove le persone spesso sognano di andarsene altrove.
Valentina vive a Lisbona in una sorta di esilio volontario. Ha cercato di tagliare i ponti col proprio passato, di costruirsi una nuova vita, ma ora un lento processo di crisi sta scatenando interrogativi e urgenze che la costringono ad affrontare cose che ha taciuto a se stessa per troppo tempo.
Decide di partire per la Valtellina, per incontrare, almeno una volta, la figlia avuta 14 anni prima. Questa visita inaspettata rappresenta una minaccia per Carlo e Vale.
Carlo teme che Vale possa essere sconvolta dall’ incontro con una madre che ha sempre creduto morta e dalla scoperta che lui non è il suo vero padre.
Carlo ha la sensazione che tutto sia sul punto di essere distrutto, ma Valentina sembra ormai non poter più fare a meno di affrontare questo nodo del suo passato, per quanto sia confusa e combattuta tra il desiderio di incontrare la figlia e la volontà di non compromettere la relazione tra Carlo e Vale.
L'incontro tra Carlo e Valentina è pieno di contraddizioni, di affetto e di sospetto, di pietà e di rifiuto, di comprensione e auto-difesa.
La donna fugge via. Ormai è chiaro che non è più possibile tornare indietro, che è più umano lasciare quella strana famiglia senza madre, col suo faticoso equilibrio e che forse è possibile anche per lei cercarne uno nuovo. Attraverso questa esperienza Valentina ritorna a Lisbona decisa a lasciare alle spalle i propri fantasmi, per dedicarsi al suo teatro delle marionette, alle centinaia di "figli" che vengono ad assistere allo spettacolo e al suo compagno, col quale sembra ora volersi confidare, per cercare una nuova serenità.
Le due strade -quella della madre e quella della figlia- alla fine non si ricongiungono, anzi si allontanano definitivamente. Questo esito non contiene la pretesa di sanare il dolore, ma la consapevolezza che non tutte le ferite possono essere rimarginate; dietro l’apparente pessimismo di questa svolta, c’è però la speranza nella possibilità che in ogni deriva e in ogni diversità vi sia un nuovo senso perseguibile, una nuova trama percorribile di relazioni, che permettano di sopravvivere alla distruzione e di ricostruire l'opportunità di essere felici.
L’improbabile famiglia Carlo-Vale finisce - nonostante le complicazioni psicologiche, le pretese di esclusività, le assenze, le recriminazioni - per trovare un proprio equilibrio; anzi, è come se la stessa precarietà che è all’origine di questa famiglia creasse le condizioni per una più profonda attenzione, per una dedizione più radicale. E in fondo, su tutto, sembra imporsi un tema: la genitorialità non è solo e tanto nei viscerali legami di sangue e di natura, ma anche e in gran parte nella forza dei legami costruiti attraverso il tempo e la vita.

Vittorio Moroni