Note di regia del documentario "Imatra"


Note di regia del documentario
Una scena del documentario "Imatra"
Imatra sono pochi abitanti dispersi in tanti chilometri quadrati, piatti e per lo più anonimi. Una zona di frontiera indefinita, dove si fronteggiano russi e finlandesi, nel senso letterale dello stare di fronte, perché il conflitto aspro tra anima russa e anima finnica, che pure c’è stato, cerca faticosamente di smorzarsi ed attutirsi in una convivenza meno ostile e più proficua.
Perso tra le inquietanti industrie di Imatra, e nel tentativo di aderire il più possibile alla sua atmosfera esterna rallentata, sospesa, distaccata, nell’adeguarmi ai suoi ritmi, per tentare di documentarli, mi sono trovato, nella scrittura, a seguire un percorso che intrecciava il "documentario" con una cifra emotiva estranea a Imatra, alla monotonia dei suoi ambienti industriali e ai suoi paesaggi naturali di bellezza disarmante. E sono arrivato a scoprire che mentre filmavo la vita di questa cittadina sperduta nella amelia e ironizzavo sul “documentario industriale”, solo lì, ad Imatra, solo lì, paradossalmente, queste tracce emotive disseminate nel soggetto potevano sfociare in una linea narrativa compiuta.
Certo, i luoghi, quanto più lontani, tanto meglio se spogli di ogni appiglio turistico, sono sempre stati un’attrattiva per me. E sostare, "abitare" quei luoghi è sempre stato lo spunto primario di ogni fotogramma che ho girato.
Qui il percorso interiore di due protagonisti alle prese con complicate vicende affettive, la casualità straniante di due persone che proprio qui e solo qui provano a riattivare sentimenti e dialogo, è stato l’occasione narrativa per accostarsi da straniero ad Imatra, al suo quotidiano contraddittorio e cordiale, bizzarro e spesso surreale. Imatra è il ritratto di un luogo, del suo esser confine, è storia di un paesaggio che cambia, catturato nelle inquadrature, come il volto di Blanca durante il film.

Corso Salani