Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia del documentario "Terre in Moto"


Note di regia del documentario
Invitati dalla Provincia di Salerno a documentare le celebrazioni del 25° anniversario del terremoto, una volta entrati in contatto con il territorio e le sue storie ci siamo resi conto che da esse non emergeva tanto una domanda di celebrazione formale della memoria, quanto piuttosto di “risarcimento simbolico”. Ciò che nell’immaginario collettivo del paese resta oggi sedimentato del sisma del 1980 è sostanzialmente un’immagine schiacciata sul cosiddetto “Irpinia-gate”, così come i media definirono l’insieme di utilizzi impropri e criminali di parte delle risorse pubbliche stanziate per la ricostruzione e lo sviluppo della Campania e della Basilicata. Sono eventi reali, ma che ipocritamente furono letti in chiave antimeridionalistica – quando proprio il Sud subiva in quell’occasione l’ennesimo attacco depredatorio anche da parte di soggetti economici del Nord – e l’immagine dello scandalo prevalse sull’analisi dei mutamenti sociali e antropologici, di portata non solo regionale, causati dall’evento naturale. Ci è sembrato quindi doveroso e stimolante sollevare il velo riduttivo dello stigma politico-mediatico per tentare di portare alla luce uno scenario ben più complesso.
Per dare ordine alla complessità abbiamo scelto un montaggio per “capitoli” tematici, all’interno dei quali si fondono analisi e storie, azione ed esplorazione visuale: il ritorno dei volontari a 25 anni dal terremoto dà il via al flusso del racconto, alla rievocazione - visiva e sonora - della tragedia e alla denuncia della criminale inadeguatezza dello Stato ad affrontare le emergenze ambientali; le fotografie scattate da un giornalista-volontario aprono squarci di memorie personali sul grande slancio collettivo di solidarietà da tutto il paese che diede vita a una “protezione civile dal basso”; l’esplorazione paradigmatica di due piccoli comuni in cui sono state compiute opposte scelte sulla qualità della ricostruzione definisce veri e propri modelli dell’abitare; il ricco patrimonio culturale diffuso sul territorio viene rappresentato attraverso il racconto di alcune coraggiose e generose azioni di recupero, in un quadro generale di abbandono e incuria; di nuovo la rievocazione storica, a partire dalle esperienze concrete dei protagonisti, riporta alla luce la vicenda pur breve dei comitati popolari dei terremotati e dei volontari, che segnò una discontinuità in una lunga storia di sottomissione della popolazione a poteri locali di stampo sostanzialmente feudale e fu elemento essenziale di ricostruzione del tessuto civile e democratico; la domanda – priva di risposte certe - sul destino economico-sociale delle aree del terremoto emerge dalle immagini di un territorio bellissimo ma ferito da uno “sviluppo” di cui si coglie la presenza fisica ma non il senso, e viene esplicitamente formulata nei discorsi dei membri di una comunità che appare in bilico sul margine del definitivo declino; da ultimo, l’amaro quadro definito dalla storia di una famiglia di terremotati che solo nel 2006 passa dal prefabbricato in cui ha vissuto per decenni a un appartamento, con il composto rito collettivo della presa di possesso delle case popolari.
Varie e diverse sono le scelte metodologiche che abbiamo adottato e che sono alla base del materiale: dalla documentazione di eventi istituzionali al connubio evocativo tra le immagini ambientali e le belle musiche del maestro Rocco De Rosa; dal viaggio-inchiesta nell’attualità, di stampo propriamente giornalistico, alle immagini di repertorio concesse da Rai Teche, utilizzate non in chiave meramente didascalica ma come elemento di approfondimento della contemporaneità dei territori attraversati; dal “pedinamento” di alcuni protagonisti alla creazione programmatica di circostanze che dessero stimolo al flusso di memoria ed emozioni, come la riproduzione di una registrazione sonora di repertorio all’interno di una scuola e l’invito ad alcuni testimoni a visitare una mostra di fotografie. Ma a guidarci è stata sempre l’etica del rispetto e dell’ascolto, anche laddove in maniera più incisiva sono intervenute le nostre scelte soggettive.

Michele Citoni, Ettore Siniscalchi e Angela Landini