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"Un'Estate ai Caraibi": il nuovo "cineombrellone"
dei fratelli Vanzina


La nuova operazione commerciale dei fratelli Vanzina, per quanto estremamente pressappochista a livello di sceneggiatura e praticamente inesistente dal punto di vista della messa in scena, risulta a tratti divertente grazie alle buone interpretazioni degli attori e possiede il pregio di non scadere mai nella volgarità.


Si è svolta ieri a Roma la proiezione e la conferenza stampa di “Un’Estate ai Caraibi” il nuovo film dei fratelli Vanzina, seguito di “Un’Estate al Mare” girato l’anno prima; vi hanno partecipato quasi tutti i protagonisti tra cui Martina Stella, Gigi Proietti, Biagio Izzo, Enrico Brignano, Maurizio Mattioli e Paolo Conticini, che si sono benevolmente prestati a fotografie ed interviste prima e dopo l’incontro ufficiale con i giornalisti all’interno del cinema Embassy, situato nel cuore dei Parioli. Il film, distribuito da Medusa, uscirà venerdì con circa 600 copie.

Con questo nuovo lavoro”, ha precisato il noto regista Carlo Vanzina, sicuramente tra i più prolifici in Italia, “siamo tornati allo schema delle storie intrecciate che già in svariate occasioni ha contraddistinto il nostro cinema. Il film nasce dalla ulteriore scommessa, già affrontata e vinta l’anno scorso, di fare uscire la nostra commedia in un mese in cui la stagione cinematografica viene considerata ormai finita. Abbiamo scritto le diverse vicende già pensando agli attori che avrebbero dovuto interpretarle, quindi la cosa curiosa è stato verificare come l’insieme bene si amalgamava per tipo, toni e generi diversi. Ci siamo poi permessi di fare il verso a commedie di ogni tipo; l’episodio che ha per protagonisti la Stella, Ruffini e Conticini è per esempio ispirato a certe commedie giovanilistiche americane, quello di Bertolino e Buccirosso somiglia a certi film inglesi di Alec Guinness per il suo tono macabro, mentre l’episodio interpretato da Proietti è un omaggio a certi risvolti teneri e sentimentali in cui si può rivedere “Il Monello” di Chaplin. Il nostro film infatti, non solo per quest’ultimo spunto, è sicuramente tra i più sentimentali rispetto alla media dei lavori che abbiamo portato al cinema”.

Un’Estate ai Caraibi”, ha continuato Enrico Vanzina, “è una commedia semplice basata su un tipo di intrattenimento interessante e stimolante che si ripromette di fare passare una bella serata allo spettatore. Avere maggiori ambizioni sarebbe presuntuoso e non è nelle nostre intenzioni; puntiamo semplicemente ad un cinema che si imponga dal punto di vista economico e che per l’appunto possa piacere al pubblico medio".

Per affrontare un sufficiente discorso critico occorre sicuramente iniziare dalla definizione dell’oggetto, dal momento che viene naturale fornirla a film come quello in discussione.
Giampaolo Letta, in conferenza stampa, ha parlato di "cineombrellone”, anche se c’è chi ha definita l’operazione dei Vanzina “cinecocomero”, altro nominativo, da inserire in un ipotetico manuale del cinema, forse maggiormente in sintonia nei confronti dei paralleli business natalizi destinati al grande schermo definiti “cinepanettoni”.

Ho già affrontato un’argomentazione sulle commedie italiane di un certo tipo parlando dell’ultimo film interpretato e non diretto da Aldo, Giovanni e Giacomo, puntualizzando che il problema della proliferazione di certe opere generalmente già viste e riviste non sta certo in chi le fa ma anzi nel pubblico che le riceve tendendo così ad accontentarsi e a non chiedere di meglio, perseverando volentieri a spegnere il cervello quando accede alla visione di certi film fatti per il cinema nonostante di cinematografico abbiano pur volutamente ben poco. Il male, lo ripeto, non sta certo negli autori o nei produttori dei “cinepanettoni”, “cineombrelloni” o “cinecocomeri” che siano, (che anzi si dimostrano coerenti ed intelligenti) ma anzi, ancora più che nel pubblico, a fondo dello stile di omologazione imposto dalla società stessa in cui viviamo (e non mi spingo certo oltre su questo argomento per ovvi motivi di tempo e spazio, dal momento che ci si potrebbe benissimo scrivere sopra un prolungato saggio che richiederebbe la consulenza di esperti e che potrebbe rivelarsi assolutamente interessante un giorno redigere; in questa sede certo non ce lo possiamo ovviamente permettere).
Per non spostare l’attenzione dall’oggetto, ed anzi ritornare al film di Vanzina in discussione, non si può comunque evitare di sottolineare, per naturale onestà intellettuale, il pressappochismo della messa in scena di una sceneggiatura che suona spesso non solo fastidiosamente falsa ma anche decisamente didascalica, e di una regia appunto poco più che abbozzata. Certo “Un’Estate ai Carabi” è apprezzabile, come già detto, per la coerenza degli intenti perseguita. Intanto perché porta sulla schermo, come è appunto volere dei Vanzina, gli italiani dal punto di vista dei loro vizi (antico vizio della commedia all’italiana appunto), e così si può addirittura riflettere su quanto davvero attorno a noi proliferino individui così cialtroni, traditori, truffatori ed opportunisti (ma poi anche teneri e appunto sentimentali o addirittura “eroi per caso”) come quelli narrati nel film. “Un’Estate ai Caraibi” poi è volutamente basato sulle interpretazioni degli attori, tutti bravi e simpatici forse anche perché, ironia della sorte o del destino, perlopiù lasciati a sé stessi e quindi liberi di improvvisare e tirare così fuori il meglio di loro. Oltre ai simpatici protagonisti già noti e apprezzati per tempi e performance comiche (e cioè in primis Proietti ma poi senza dubbio anche Brignano, Buccirosso e Mattioli) una menzione speciale la merita Martina Stella, qui davvero calibrata ed in parte, dolce e bellissima, sicuramente pronta a ruoli più impegnativi certo come quelli in cui si è ultimamente calata (con Alex Infascelli, Pappi Corsicato e Rob Marshall) ma sicuramente ancora di più con quelli a cui andrà senza dubbio incontro nel futuro della sua carriera.

Per chiudere è doveroso ricordare che il film dei fratelli Vanzina, che sono ormai innegabilmente da almeno due decenni la coppia pilastro della critica di costume glamour perlopiù fondata sul gossip italiano del momento, si lascia vedere volentieri anche perché, oltre ad essere a tratti sicuramente divertente, possiede l’importante pregio di non essere mai volgare, e questa può sembrare una pretesa scontata solo se ci dimentichiamo che, nel contesto di certe italianissime operazioni commerciali volte al grande pubblico, non si può purtroppo più dare per scontato niente.

10/06/2009, 18:16

Giovanni Galletta