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Note di regia del documentario "Eva e Adamo"


Note di regia del documentario
Dopo circa un anno di lavoro sta finalmente per vedere la luce “Eva e Adamo”, prosecuzione ideale dell’ indagine su libertà e affettività avviata con “Le Ferie di Licu”.
Con Licu ci siamo interrogati sulla possibilità di amarsi non essendosi scelti, seguendo le vicissitudini di Licu, un cittadino bangladese residente a Roma da 7 anni che tornava in Bangladesh per sposare Fancy, una ragazza sconosciuta, scelta per lui dalla sua famiglia.
Eva e Adamo invece indaga tre coppie avendo per fuoco privilegiato i personaggi femminili: Deborah, Veronica ed Erika.
E’ vero che (in Italia) l’ amore si è emancipato da ogni condizionamento (economico, sociale, religioso…) e i partner si scelgono liberamente, non subordinando a nulla la purezza del loro sentimento romantico?
Usando la bussola di questa domanda ci siamo fatti interrogare da tre storie di donne italiane, tre racconti forti, incatenati l’uno all’ altro, che insieme ci paiono tessere un mosaico di esperienze capace di farsi discorso e di illuminare un aspetto importante del nostro tempo e della nostra convivenza.
Le tre protagoniste di "Eva e Adamo" si muovono sullo sfondo ideale dell’Eden biblico, il paradiso perduto, il paradigma di pienezza e felicità con cui ogni donna ed ogni uomo occidentale, crescendo, inconsciamente si confronta, sospirando Principi Azzurri e attendendo Anime Gemelle, fino a quando tra delusioni, compromessi, fallimenti e sopravvivenze ricorderà che da quell’ Eden i nostri progenitori furono cacciati per aver mangiato dall’ albero della conoscenza del bene e del male, destinati per sempre a partorire figli con dolore, a trarre il cibo da un suolo maledetto e a sapere di dover tornare ad essere polvere.
Così ciò che chiamiamo amore forse non è altro che il riconoscimento di non essere i soli ad essere stati gettati nella disperazione di un mondo estraneo e inadeguato.

Vittorio Moroni