!Xš‚‰

Note di regia del documentario "Di Me Cosa Ne Sai"


Note di regia del documentario
Una forma strisciante di guerra mondiale è in corso da anni: è una guerra per il controllo della produzione e della distribuzione di immagini, in un mondo in cui l’immagine è l’essenza di ogni comunicazione, di ogni transazione economica, insomma la più alta e sottile forma di esercizio del potere. In questa “guerra” gli autori, i cineasti, i creatori di immagini sono sempre più spesso tenuti ai margini, specialmente nel nostro paese.
Quando, esattamente quattro anni fa, iniziammo a discutere con altri registi intorno all’idea di un’indagine o un “FILM BIANCO” sul cinema italiano eravamo coscienti della difficoltà dell’impresa. Era dai tempi de “La Macchina Cinema” di Agosti-Bellocchio-Petraglia-Rulli che non si tentava un racconto del cinema italiano: esattamente trent’anni, gli anni che ci separano da quel bivio che per il nostro paese hanno rappresentato gli anni Settanta.
Questo lungo silenzio, questa assenza, sono già di per sé eloquenti. Che cosa è successo al cinema italiano? Perché si è interrotta quella stagione che aveva visto il nostro cinema primeggiare nel mondo sia artisticamente che commercialmente dal dopoguerra agli anni Settanta?
A differenza di altri misteri italiani, qui non ci sono cadaveri, né stragi; non ci sono state indagini né processi, e neanche prime pagine dei giornali. Tra i tanti misteri senza soluzione che affollano quegli anni, questo è tra i più trascurati: forse perché in Italia tutto ciò che non è parola scritta o informazione non viene considerato qualcosa di autenticamente importante dal punto di vista culturale.
Man mano che procedevamo raccogliendo interviste e facendo ricerche negli archivi audiovisivi, ci siamo resi conto che l’indagine su come fosse stata smontata la nostra “macchina cinema” si intrecciava in modo inscindibile con ciò che stiamo vivendo oggi dal punto di vista politico e culturale. In questo senso “Di Me Cosa Ne Sai” è un film politico perché pone la questione della qualità di ciò che ha sostituito il cinema al centro della nostra comunità, e allo stesso tempo si interroga su quale possa essere il ruolo degli autori di cinema oggi.
È la storia di una sostituzione da più punti di vista: registi, produttori, esercenti… ma anche il pubblico, gli spettatori. Una storia che attraversa anche tutti i formati del cinema e della televisione - dal 35mm. all’alta definizione, dalle riprese con un cellulare al super 16mm. - portando sul grande schermo le immagini di repertorio della televisione fianco a fianco con frammenti di capolavori del nostro cinema.
Seguendo il filo della nostra ricostruzione - che a tratti assume i contorni di un giallo - ci siamo imbattuti in questioni molto più grandi, che investono idee fondanti come quelle di democrazia e di libertà. L’Italia ci è apparsa nella nostra lunga indagine sempre più come un paese che non conosce se stesso, un paese bloccato dalle molte verità che sono state cancellate o ignorate, che ha un disperato bisogno di un cinema e una televisione più liberi di creare qualità e autentica conoscenza della realtà.

Valerio Jalongo