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Note di regia del film "Ce n’e' per tutti”


Note di regia del film
Ce n’e' per tutti” affonda le radici nella forma e nei contenuti della commedia all’italiana degli esordi. Dipinge personaggi immersi in una realtà che tutto ingloba e colora, tanto da diventare uno spaccato della società contemporanea e delle contraddizioni che in essa albergano. Ma se questo è l’assunto di partenza, i toni della storia si fanno via via più netti, accesi, a tratti grotteschi e persino surreali, per evidenziare le contraddizioni, il caos dei sentimenti che attraggono e respingono i protagonisti. Questo caos interiore si riflette all’esterno dei personaggi e si materializza in una città - “la più bella del mondo”, come ci tiene a definirla uno dei nostri protagonisti - che appare però al suo punto di non ritorno, stretta com’è nella morsa del traffico, del disagio e dell’incomunicabilità. In questa cornice folle e pulsante, si va configurando il cuore della vicenda: il gesto inaspettato di uno di loro, Gianluca, che ha colto il senso di inutilità della propria esistenza, trascinata in quella sopravvivenza che vita vera non è. Gianluca si arrampica sul Colosseo - emblema della Città Eterna, della sua storia millenaria, delle crudeltà di cui è stato testimone e dell’oblio del Tempo - probabilmente per ridare a se stesso e al mondo un significato, un motivo per continuare. Gli amici accolgono questa richiesta di aiuto, ma lo fanno a modo loro, con la consueta, inconsapevole, rassegnata superficialità. Il salvataggio dell’amico diventa improvvisamente uno stimolo, un obbiettivo per contrastare l’impotenza che contraddistingue le loro giornate. Ma si rivela ben presto un’occasione fatua di socialità, più che un reale desiderio di salvare una vita. Si continua a sfuggire, con lo stordimento delle parole e con l’assurdità delle situazioni contingenti, anche solo la possibilità di una riflessione personale che la circostanza stessa dovrebbe suggerire. I nostri amici sognano di essere eroi, vittime come sono di una società dei mass media, una società che enfatizza e inventa disastri immaginari, pur di distrarsi da quelli reali. Una società che poi obbliga al “salvataggio” o alla “riabilitazione” di un essere umano, senza domandarsi il perché, senza fermarsi a considerare i motivi di un gesto così radicale. E sono proprio i mass media - che rilanciano la notizia del presunto tentativo di suicidio - a essere i protagonisti collaterali della storia. Le “news” rimbalzano dalla televisione che manifesta la sua potenza portando i genitori del ragazzo agli onori della cronaca, e sbattendoli poi in un appello per salvare la vita del figlio: parole che vorrebbero e dovrebbero essere salvifiche, ma che non fanno altro che ribadire ancora una volta la vanità e l’assenza dei sentimenti. Per fortuna, in questo mondo che gira a vuoto facendo un gran chiasso, un mondo fin troppo reale e riconoscibile, esiste almeno una figura che vi si contrappone, e che è l’unica vera chance di Gianluca. Si tratta della nonna, una donna che appare forte, ancorata a valori che possono sembrare superati ma che si rivelano in realtà saldi e vitali e che si manifestano a Gianluca con il loro carico di poesia, di verità, di libertà, sorprendentemente “moderni” e addirittura rivoluzionari. Valori che si fondano sulla saggezza di una donna che ha vissuto, che ha visto con i propri occhi - e non attraverso la televisione - le guerre, il dolore, la paura, la fame, ma che ha parimenti vissuto la gioia vera e profonda del godere delle ricchezze della vita, anche nei suoi aspetti più semplici. Questa donna, esile ed energica allo stesso tempo, si arrampica sul Colosseo in virtù di una forza misteriosa che ha evidentemente a che fare con l’amore puro, sempre in bilico tra realtà e sogno. La nonna è vera, reale, concreta, mentre tutti gli altri conducono un’esistenza ovattata, ipnotica, del tutto inconsapevole, in un mondo dove i “vivi” costringono negli “archivi” cimiteriali i morti, per poterli rispolverare quando vogliono, e respingono sottoterra, al buio di una metropolitana, i morti “viventi”, gli esseri umani alla deriva, abbandonati a se stessi e alla loro infermità fisica o mentale. Chissà se Gianluca riuscirà a trovare la forza per scendere di nuovo nel mondo da cui si è voluto allontanare perché vittima di una sensibilità che gli permette di guardarlo negli occhi, quel mondo. Gianluca conosce la disperazione, quella che gli altri non vogliono vedere, e con il suo gesto denuncia la difficoltà di vivere in un mercato dove la poesia, l’arte in genere, non hanno più valore. Da un punto di vista cinematografico, l’idea portante è quella di accostare due mondi apparentemente inconciliabili: da un lato una realtà iper-realistica, cruda e spiazzante nella sua comica, esilarante tragicità, girata con movimenti macchina scattanti e piani sequenza che ci immergano direttamente nella concitazione delle situazioni; dall’altro un mondo inventato, irreale, tra le nuvole, dove Gianluca, in bilico sulla città, spera di trovare o di ritrovare un Eden agognato o rimpianto. Inquadrature classiche, campi e controcampi, morbide carrellate e soggettive sulla città, per valorizzare l’atmosfera “sospesa” e descrivere gli stati d’animo. Un mondo fittizio e pericoloso anch’esso in fondo, in quanto distante dalla realtà. Da un lato, quindi, la violenza verbale e acustica di una società che corre follemente verso una meta del tutto sconosciuta, e dall’altro il silenzio ovattato di un eremo che si erge in osservazione del mondo sottostante. Un silenzio che invita a rallentare per dar spazio al ricordo, alla riflessione, alla contemplazione. Si è scelto lo stile della commedia, il veicolo della comicità, per portare più a fondo possibile l’immedesimazione e per allentare la soglia critica dello spettatore. Le coppie di amici del film sono disegnate secondo le tipologie comiche classiche e sempre efficaci che vanno dal muto, al cinema americano, a quello italiano che ha dato vita a personaggi ed attori indimenticabili, fiore all’occhiello del nostro cinema. Sarà solo in una seconda fase, dunque, che si tireranno le somme di quella contrapposizione caotica e surreale insieme, che ha avuto la meglio fin lì, strappando risate e stupore.

Luciano Melchionna