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"GenovaTripoli": quando l'uomo diventa solo
un ingranaggio del processo produttivo



Marco Santarelli e Paolo Varriale
Una vecchia nave container di origine russa, la Jolly Indaco, che fino agli anni ottanti era stata usata per trasportare mezzi militari sovietici, ed oggi cargo merci è il luogo dove si svolge il documentario "GenovaTripoli" di Marco Santarelli, presentato in anteprima mondiale alla 50° edizione del Festival di Popoli di Firenze. Il regista romano riprende silenziosamente la vita dell'equipaggio della nave durante il viaggio di circa venti giorni sulla tratta Genova-Tripoli avvenuto nel dicembre 2008. Questi uomini vivono isolati e sono solo degli "ingranaggi" di un processo produttivo che serve per tenere in vita l'imbarcazione. Non vi è "anima" in loro e sono pochi i gesti di solidarietà e di amicizia tra loro. La nave viene descritta come un "ventre vuoto", un'ammasso di ferro senza anima dove sono i rumori che la tengono in vita a parlare.
Il regista fonde nella sua opera immagini in digitale con riprese in super8, quasi volesse umanizzare un nucleo di persone diventate "macchine", mostrando la loro solitudine all'interno di una imbarcazione che è solo profitto e non vita, immersa nel vasto mare mediterraneo, che isola ancora di piùi suoi "abitanti".

"Siamo partiti da dei container e da degli uomini, raccontando le loro storie tramite le azioni che svolgono, i luoghi che attraversano ed i i suoni che vivono", ha dichiarato Marco Santarelli. "In tutto abbiamo girato 80 ore di materiali ed abbiamo costruito il film al montaggio, dove abbiamo cercato di far risaltare il rapporto che avevamo creato con i membri dell'imbarcazione. Abbiamo cercato di rappresentare la vita di questi uomini in base alle loro azioni.", ha proseguito il regista riguardo alla fase realizzativa del documentario.


Marco Santarelli e Paolo Varriale - prima parte


Marco Santarelli e Paolo Varriale - seconda parte


05/11/2009, 09:58

Simone Pinchiorri