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Incontro a Milano con gli autori de "Il Corpo Delle Donne"


Pubblichiamo questo appassionato resoconto di Claudia Selmi sull'incontro con gli autori de "Il Corpo Delle Donne" che si è tenuto giovedì 26 novembre all'Accademia dello Spettacolo a Milano per la Giornata Nazionale del Nuovo Cinema Italiano, apparso anche sulla webzine Frida.


Incontro a Milano con gli autori de
Giovedì sera 26 novembre ho partecipato a un incontro con Lorella Zanardo, Marco Malfi Chindemi e Cesare Cantù, ovvero i due autori e il montatore del documentario “Il corpo delle donne”, all’Accademia dello Spettacolo a Milano. Si proietta il film e si procede con un dibattito, come è successo in molti altri posti prima, durante e dopo la Giornata contro la violenza sulle donne.

L’idea del video in questione è nata circa un anno fa e voleva fungere da materiale divulgativo in vista di un possibile utilizzo nelle scuole, poi è diventato un freeware (scaricabile gratuitamente) visto da 850.000 persone. Un vero caso nel mondo della rete italiano. Il video raccoglie 25 minuti di registrazioni dalla tv di tutti i giorni, facendo un’operazione di taglio dell’uomo dalla scena. Cosa rimane? Rimane la donna, o meglio un tipo di donna. Un solo tipo di donna. Colei che fa più comodo.

Se si tolgono dai giochi i maschi in tv, rimangono chili e chili di donne sadomaso o donne soprammobile, che stanno zitte e che vengono nemmeno tanto sottilmente umiliate. Non ci sono donne dai 35 in su, donne che non siano innaturali e rifatte, non ci sono esempi sani da seguire. Solo immagini.

La donna che appare. Manca la donna che è.

Senza contare che nella realtà i tipi di donna sono molteplici e svariati, mica ce n’è uno solo come in tv. Il pericolo che si cela sotto questo mostrare solo donne-soprammobile o donne softpornodive è che traspaiono solo modelli e immagini del genere, che si depositano nella memoria, che impongono inconsciamente dei desideri, che allontanano dai sé, che creano confusione, sia nella testa delle donne che in quella degli uomini.

A Milano l’incontro si svolge in una sede che non mi aspetto, ma che si rivela un ambiente intimo e vivace. Sono tra le poche a non essere compresa nell’organico della scuola, ma non è importante, mi mettono tutti a mio agio. Scopro che il montatore del video - Cesare Cantù - è un insegnante di questa scuola, e scopro che il luogo preferito degli autori per parlare del video sono proprio le scuole - fatto che rivela il carattere divulgativo del film.

Pone una serie di interrogativi, che non hanno una risposta certa, vi sono solo delle ipotesi plausibili. Ma la domanda principale che invita a porsi è estremamente importante: Lo desidero veramente?

Ad esempio, sono davvero io che desidero di avere il seno rifatto? Sono davvero io che desidero che il mio volto non abbia più la mia espressione? Sono io che desidero di non parlare perché se parlo sono una rompicoglioni? Sono io che desidero cancellarmi?

Ieri sera appena tornata non riesco a dormire per un bel po’, sarà l’entusiasmo, sarà che mi hanno contagiato con il loro entusiasmo e la spinta a cambiare le cose e il dovere di protestare, sarà che ci sono tante cose da fare e vorrei iniziare subito. E intanto gli effetti da nausea da post-video si sentono: stamattina sfoglio una rivista e le prime dieci pagine dedicate a dieci donne svelate e altrettanti prodotti mi infastidiscono. Più del solito. E senza dubbi.

Il video acuisce l’insofferenza verso quelle immagini, che ora trasmettono solo umiliazione e amarezza. Spinge a essere intransigenti, risveglia un assopito senso del rispetto e della ragione.

Lorella Zanardo è sempre dalla parte delle donne: non si deve incolpare la loro insicurezza se si adattano a questo modello di femminilità – siccome viene dato come l’unico esistente e plausibile, (e l’80% degli italiani ha come unica fonte d’informazione la televisione), come dare torto alle ragazze che lo seguono? La verità è che non hanno alternativa. Il fenomeno non si può circoscrivere alla televisione, ma si allarga alla società, all’economia, alla pubblicità, e in Italia si lega particolarmente alla politica (dal momento che addirittura come modello di ministra viene proposto sempre e solo lo stesso modello della ragazza attraente e dal momento che il premier stesso sembra invitare a seguire questo modello). Inutile e falso dare la colpa solo alle ragazze.

Per questo una donna si deve interrogare. Perché far parte del contingente dell’apparenza, i cui parametri, quelli dell’apparire, non sono certo assoluti, ma vengono perpetuati semplicemente perché sono i più immediati e visibili – (aumentano gli ascolti, fanno comodo a chi può comandarci)?

Un altro degli effetti da incontro con “Il corpo delle donne” e i suoi autori è stato quello di infondere fiducia. Se fossi stata in un periodo di rassegnazione e sfiducia, di “Lasciamo stare”, dopo quest’incontro non potrei pensarla allo stesso modo perché le mie riserve (i modelli sono solo questi, sono l’unica a pensare così etc.) sono state cancellate. Mi hanno dato la prova che le cose si possono cambiare, che qualcuno ci crede ancora, che non tutti sono ciechi, che ne vale la pena.

Cosa succede se tre persone si mettono a vedere la tv dopo vent’anni che non la guardano?
Lo choc. Ecco cos’è successo agli autori del video, che mai si sarebbero aspettati tanta umiliazione e tanto silenzio da parte delle donne e degli uomini italiani. Che non si ribellano a questo lassismo, questo meccanismo che continua perché far vedere due tette è il modo più semplice per far crescere gli ascolti. Mentre negli altri paesi è vietato, in Italia no. In Italia i volti stanno diventando tutti uguali e di plastica, le emozioni nascoste e trascurate, bistrattate. I segni ed i caratteri di una persona, con la propria storia e il proprio passato, vengono svuotati di valore.

Quando si parla di donne e televisione si parla necessariamente anche della società in cui viviamo. Le riflessioni spaziano dalle casalinghe utenti delle pubblicità di chirurgia estetica nei programmi del mattino, al cambiamento della funzione della televisione - da mezzo di educazione e unificazione dell’Italia a cassonetto e camera di rimozione dalla metà degli anni ‘80.

Sul fatto che non si protesta abbastanza (Lorella Zanardo suggerisce mezz’ora di protesta al giorno per ciò che troviamo ingiusto), sull’essere e l’apparire, sul fatto di proporre alternative, l’autrice si augura solo una cosa, che le donne imparino a riconoscere i propri desideri da quelli imposti. Che non si adeguino a un presunto gusto o fattezze maschili.

La conversazione-dibattito tocca momenti commoventi, come ad esempio quando parla di Licia Pinelli (vedova di Giuseppe, anarchico incolpato dell’attentato di Piazza Fontana e fatto precipitare dalla Questura di Milano), che contro l’Italia intera ha mantenuto la sua coerenza per 40 anni.

Non è il coraggio quello di cui parla, è coerenza.

L’incontro finisce. I tre autori ci lasciano, non prima di depositare un ultimo messaggio positivo: le cose si cambiano. Ad esempio, si può iniziare con il protestare quando si vede una pubblicità che non va giù, o un programma delle 8 di sera inguardabile e irrispettoso, per lo più se ci sono dei bambini.

30/11/2009, 22:54

Claudia Selmi