Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia del film "La Valigia sul Letto"


Note di regia del film
Non ha importanza se le mie commedie mi sopravvivranno. L’importante è che siano nate vive!…” Era, questa, la risposta che Eduardo De Filippo era solito dare a coloro che, spesso, gli chiedevano se il suo Teatro avrebbe avuto un futuro anche senza la sua straordinaria presenza di attore. Ed in questa risposta io ho sempre ravvisato anche la cifra del suo alto magistero di drammaturgo; o, se si vuole, uno dei motivi del suo successo: il “diritto dovere” che un autore ha di rivolgere la sua attenzione e la sua “vis poetica” al proprio tempo: agli accadimenti, ai fatti, alle emozioni che scandiscono l’immaginario collettivo a lui contemporaneo.
Farsi testimoni e interpreti, secondo certo la propria insindacabile sensibilità, dell’ “hic et nunc”, è, io credo, un compito al quale un artista non debba e non possa in alcun modo sottrarsi. Anzi. Saper dare voce alle speranze, ai desideri, ma anche alle paure e alle inquietudini che alimentano e turbano i nostri cuori e le nostre coscienze, è, con ogni probabilità, uno dei massimi obiettivi perseguibili da un autore.
Oggi più che mai.
La valigia sul Letto” è, nei miei auspici, una commedia dove non manchino occasioni di sicuro divertimento; ma è anche, spero, il racconto di una storia che, benché buffa e risibile, ogni tanto presenti spunti per riflessioni certamente non superficiali. È ben vero, infatti, che gli argomenti affrontati (l’endemica difficoltà a trovare un posto di lavoro regolare; la necessità di soluzioni sempre improvvisate e non di rado illegali; l’inevitabile inquinamento delle coscienze e degli stessi sentimenti che fatalmente si accompagna al degrado economico e sociale; l’ombra della malavita che aleggia su tutti i personaggi e che getta un’ombra inquietante sull’intera vicenda), avrebbero certo potuto offrire spunti per una trattazione sicuramente più drammatica. Il successo internazionale di “Gomorra” ne è una riprova. Ma è altrettanto vero che è proprio nell’inscindibilità dell’elemento comico con l’elemento tragico che risiede quell’incredibile e geniale alchimia che è alla base della grande Commedia Italiana, che così tanto lustro ha regalato alla cinematografia e alla cultura del nostro Paese.
Affondare le radici della comicità nelle piccole grandi tragedie quotidiane. Cogliere l’inadeguatezza dei personaggi di fronte a difficoltà più grandi di loro. Piangere con i propri personaggi; ma anche ridere di essi a crepapelle, senza mai compatirli o commiserarli: sono questi gli ammonimenti che grandissimi registi quali Risi, Monicelli, Scola ed altri ci hanno ripetutamente sottolineato. Ed è un insegnamento, il loro, che chi, come noi, prova oggi a scrivere commedie dovrebbe certamente non dimenticare. Per tentare di raccontare un’ Italia dove troppo spesso, ormai, uno spunto che potrebbe e dovrebbe essere umoristico e dissacrante si traduce in mero sberleffo consolatorio e rasserenante.
Che poi la storia raccontata sia anche una storia napoletana, è evidentemente un “segno”. Ma è un “segno” al quale non si è potuto né voluto rinunciare.

Eduardo Tartaglia