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"La Strategia degli Affetti": la storia di un padre
e di un figlio dell'alta borghesia italiana


"La Strategia degli Affetti", il nuovo film di Dodo Fiori, in sala dal 27 agosto 2010 distribuito dall'Istituto Luce.


Che dire de "La Strategia degli Affetti". Che si tratta del nuovo film di Dodo Fiori e che uscirà venerdì 27 agosto 2010 distribuito dall'Istituto Luce; che è stato prodotto con i soldi del Mibac, e la collaborazione di Rai Cinema, ed è forse proprio da qui che deve partire il commento al film. Come in altre pellicole degli ultimi tempi, anche Dodo Fiori, che a leggere cast e troupe, di mezzi è riuscito ad averne, non sfrutta appieno l'occasione. Mentre tutti piangono sui pochi fondi a disposizione, "La Strategia degli Affetti" ha la ventura di ottenere finanziamenti, prestiti e pre-acquisti, ma malgrado questo si ferma prima di diventare un bel film. La storia ci sarebbe, ma la sceneggiatura (dello stesso Fiori con Diego Ribon e l'ottima Heidrun Schleef) basta sì e no per un corto di 30 minuti; molto lenta, è spesso stiracchiata sulle abitudini di una classe alto borghese che riesce a farsi odiare al punto giusto.

La storia corre troppo in linea retta da inizio a fine, senza aprire sotto storie o porte di approfondimento sui personaggi. Questi appaiono prestampati malgrado gli interpreti (Paolo Sassanelli e Dino Abbrescia in testa) diano un buon contributo alla loro vitalità. Il ricco alto borghese, quando è visto da fuori o raccontato, è sempre cinico e spesso cafone (o romano come Remo Remotti, fa lo stesso), tratta cortesemente male i camerieri, frequenta circoli e gioca a rugby (molto più chic del banale calcio) e alla fine ha la meglio, con mezzi più o meno leciti, sul proletario buono e perdente.

Ciò che sembra mancare a questo film, e che spesso non si trova nel cinema italiano, è il saper sfruttare appieno l'occasione, trasformando una fiamma artistica in generale sempre più fioca, almeno in un artigianato capace di offrire un prodotto appetibile. A dire il vero Dodo Fiori mezza strada l'ha fatta; il film è ben girato, la fotografia (Pierluigi Piredda) è di ottima fattura come l'audio in presa diretta di Bruno Pupparo. Buona anche la recitazione, ma Paolo Sassanelli è ormai una garanzia, con Joe Capalbo, Nina Torresi e Dino Abbrescia all'altezza dei loro personaggi. Altro discorso per Marta Iacopini che è talmente precisa nella stupidità dei suoi atteggiamenti "upper class", da sembrare finta.
L'altra metà della strada è ancora da fare, ma l'ispirazione non si trova al Ministero.

27/07/2010, 11:16

Stefano Amadio