Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia del film "Io sono con Te"


Note di regia del film
"Io sono con te" è prima di tutto il racconto di una maternità: quella di Maria di Nazaret, dal concepimento fino all’adolescenza di suo figlio Gesù. Il ritratto di una madre e della relazione con il proprio figlio, sostenuta dalla presenza discreta e in fieri di Giuseppe, il patriarca "che si fa da parte", rinunciando al primato maschile. Una storia universale perché legata a passaggi fondamentali delle nostre vite e radicati dentro ciascuno di noi, venuti al mondo tutti con le medesime e inderogabili aspettative. Le domande sollevate nel film affrontano questioni come il nascere, il crescere, l'educare i figli, in una prospettiva squisitamente femminile. Per questo il film si rivolge senza esitazioni a credenti e non.
I fatti sono quelli narrati nei Vangeli canonici, in particolare in quello di Luca: il concepimento; la visita di Maria a Elisabetta e Zaccaria; la nascita; l’incontro con i Re Magi; la scomparsa di Gesù dodicenne. Al di là di alcune indicazioni storiche e di costume, gli unici elementi che si avvicinano alla tradizione apocrifa sono il nome della madre di Maria e la condizione di vedovo con figli di Giuseppe. Ma, in particolare per quanto riguarda la Natività e l’infanzia di Gesù, i testi apocrifi sono ammantati di un’aura magica e ambivalente, oggi diremmo a tratti surreale, che è quanto di più distante dall’Incarnazione, il Verbo che diventa persona, che si fa corpo, in tutta la sua naturalità: il cuore storico del Cristianesimo.
Gli altri avvenimenti narrati nel film, a partire dal contesto familiare e comunitario che fa da cornice alla vicenda, sono frutto della nostra invenzione narrativa e del lavoro di ricerca.
Il Cristianesimo è l’unica, tra le grandi religioni del mondo, a identificare in una donna il principio positivo della salvezza e di un nuovo corso nella storia dell'umanità. A vedere nella madre, dunque nella donna, il cardine dell'intera vicenda umana.
Ma cosa aveva concretamente di speciale questa ragazza da renderla genitrice di un Dio che si “fa uomo”? Perché Dio l’avrebbe scelta?
A nostro parere, la chiave sta tutta nella prerogativa della "grazia" che la distingue, ma conferendo a questo status una declinazione umana, sostanziata di amore e fiducia, di facoltà terrene eppure non per questo meno sorprendenti e decisive. Nel racconto del film, Maria, proposta spesso dalla tradizione come una sorta di simulacro inarrivabile, talvolta persino come una figura in ombra e addirittura passiva, assume caratteristiche precise, ritratta questa volta come un esempio positivo e imitabile.
Se, come ormai largamente documentato, nei primi momenti di vita in buona parte si decide la capacità di amare di un individuo; se la madre per un tempo significativo dovrebbe incarnare il bene incondizionato, in accordo con precise leggi di natura; se è attraverso i propri modelli genitoriali che un bambino acquista personalità e strumenti relazionali; l'uomo che un giorno indicherà nell’amore il precetto essenziale e inviterà a porgere l'altra guancia, lascia supporre l'esistenza di una madre fuori dal comune. In questa prospettiva, alla luce di quanto oggi la scienza va scoprendo sul parto, l’allattamento e gli effetti neuronali dell'amore primario materno o, al contrario, della violenza fisica e piscologica sui bambini, la Natività rappresenta un sorprendente modello antropologico.
La relazione tra Gesù e i suoi genitori si rivela così un paradigma pedagogico e antropologico che chiama in causa tutti.
Abbiamo girato il film nelle campagne della Tunisia (nella zona desertico-montagnosa di Matmata e in quella più verde e collinosa di El Kef) in cerca di un habitat, culturale e antropologico, il più vicino possibile alle condizioni di vita della Palestina di duemila anni fa. Per la stessa ragione, abbiamo scelto attori locali, spesso non professionisti, talvolta veri e propri non-attori, a partire dalla protagonista di buona parte del film, la giovane Maria. Persone semplici, pastori, contadini, bambini, che hanno animato il film recitando nella loro lingua madre, il dialetto delle campagne tunisine, lontano discendente da quel ceppo semitico da cui sono stati generati l’ebraico, l’aramaico e l’arabo.
Interpreti rispetto ai quali si è cercato di custodire e valorizzare tutta la loro spontaneità e veridicità, con una recitazione che attingesse al loro vissuto. Una risorsa fondamentale per il film che sarebbe andata persa con la scelta di una lingua a loro sconosciuta e quindi artificiale.
I personaggi che in qualche modo rappresentano l’ufficialità parlano invece il greco antico, la più diffusa lingua della cultura e della diplomazia del tempo.
La nostra ricerca sulle fonti per i costumi e la scenografia, nonché il recupero della tradizione pittorica, ci hanno condotto alla scelta deliberata di un mondo policromatico, distante da quello che la tradizione cinematografica ha proposto.
Questo scenario arcaico, patriarcale, cadenzato da riti e gerarchie socio-familiari millenarie, fa apparire ancora più sorprendente la parabola di Maria e del figlio Gesù, che da semplici e umili hanno palesato inganni e violenze, rivelando al mondo la sua via di salvezza.

Guido Chiesa e Nicoletta Micheli