Fondazione Fare Cinema
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Note di regia del documentario "La Lunga Marcia dei 54"


Note di regia del documentario
Laura Fasolin mi ha fatto arrivare in tempo. Lo dico perché affrontare un film sulla memoria ed il suo salvataggio è qualcosa di inevitabilmente legato a tale determinazione dimensionale. Le testimonianze si cristallizzano, il mimetismo dei corpi esce da una supposta pretesa dimensione di realtà. Perciò quello che viene detto e/o riportato rompe il contesto di “a domanda rispondo...” e quello del più generico “mi ricordo...”. Ascoltare questi 'bordi' memoriali, questi lacerti di ricordi, ha portato le riprese del film - dunque quando esso era ancora ben lungi dal suo farsi - molto altrove, alla ricerca di possibili rispettivi riferimenti ambientali, agricoli, animali. Vespe, cuccioli di fagiano in fuga, la cagna dormiente di Celestino Tasso; tutt'attorno, un Alto Polesine in gran parte pietrificato dal punto di vista paesaggistico. Quasi che i fatti dell'ottobre '44 siano stati cinema talmente definitivo da rendere inservibile per qualsiasi altra cosa il set naturale che è la campagna tra Castelguglielmo e Villamarzana. Questa sospensione - ancora una volta temporale - mi era parsa di difficile documentazione, qualora non avessi ravvisato un paradosso duplice. Ecco perché certezze, passato, fatti, storia e 'verità' sono appannaggio della terza età, mentre il mio fantasma di 'finzione' rappresenta il futuro. I giovani, prossimi anziani. Dunque le testimonianze parlano, ma non lo fanno da sole. Piuttosto dialogano tra loro al montaggio, freneticamente. Sondando nell'esplosione del rigore spaziale le possibilità di una verità della memoria - invece - tutta da costruire e raccontare. Che arrivi ad essere il più comune e condivisa possibile.

Alberto Gambato