Note di produzione del documentario "La Lunga Marcia dei 54"


Note di produzione del documentario
Esiste un dovere morale al quale nessuno di noi dovrebbe sottrarsi, ossia la memoria dei martiri. Uomini, donne, bambini e anziani privati arbitrariamente del loro bene più prezioso: la vita. Un patrimonio comune da valorizzare, condividere ma soprattutto da non dimenticare. L'eccidio di Villamarzana, come gli altri eccidi polesani, ci lascia e ci deve lasciare sgomenti e indignati davanti a delle morti che sembrano non avere un senso. Ma dove il senso manca, spetta a noi dare un significato, perché un sacrificio non sia vano, perché la riconoscenza dev'essere un obbligo. Un testimone importante da passare alle generazioni future, che non poteva non essere raccolto da chi quella tragedia l'ha vissuta sulla propria pelle, da chi quella tragedia ce l'ha ancora viva negli occhi, negli orecchi, nel cuore. Vittime che non hanno perso la vita ma la carezza di un padre, la gioia di un figlio, l'amore di un compagno, la protezione di un fratello. Nessun dono è più prezioso della fiducia ricevuta da una persona nel momento in cui ci apre la propria casa ed i propri ricordi ancora freschi e dolorosi e racconta quel giorno, forse piovoso o forse no, con la lacrima della tristezza, col sorriso della cortesia e della rassegnazione. Nessuna responsabilità è più grande di ricevere quella fiducia, entrare in quella storia, farla diventare la nostra storia e come tale condividerne l'angoscia, la tristezza, la rabbia. Ad Alberto Gambato va il merito di aver saputo interpretare quella tragedia con giusta sensibilità e ottima cultura storica, di averla raccontata non solo attraverso le parole dei narratori e le interviste raccolte in tre mesi di lavoro, ma anche attraverso occhi malinconici, visi solcati da un tempo lungo 66 anni ma mai trascorso nei ricordi. Mani nervose, voci forti ed i campi del Polesine, rimasti pressoché immutati: gialli e rigogliosi d'estate, marroni e nudi in autunno.
Protezione e trappola, luoghi della salvezza o della morte. Scrisse Piero Calamandrei: . In quei sacrifici stanno i principi fondanti della nostra Repubblica, della Costituzione che sancisce la nostra libertà, la quale non può essere difesa senza la conoscenza ed il rispetto per la troppa sofferenza già spesa per essa. Questo vuol essere : conoscenza del passato, consapevolezza del presente, testimone che ogni generazione dovrà passare alla successiva. Per ricordare, per onorare, perché l'orrore non debba più tornare.