Fondazione Fare Cinema
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Continua la protesta dei lavoratori del mondo dello spettacolo


Continua la protesta dei lavoratori del mondo dello spettacolo
Dopo le varie forme di protesta organizzate dai lavoratori dello spettacolo nei mesi scorsi il ministro della cultura Sandro Bondi aveva preso un impegno ben preciso arrivando a promettere addirittura che si sarebbe dimesso nel caso in cui non si fosse arrivati, tra finanziaria e decreto milleproroghe, a reintegrare almeno in parte i tagli al fus e a confermare il tax credit ed il tax shelter per il cinema. Si sa che in Italia la coerenza è un lusso che pochi si possono permettere e nonostante le promesse siano state disattese il ministro continua ad occupare impunemente il suo il suo posto. Anche la mozione di sfiducia individuale presentata contro di lui in parlamento non è passata, ma questo era abbastanza prevedibile: perdere una pedina, anche di scarsa importanza come Bondi, sarebbe stata una pubblica ammissione di debolezza che questo governo clinicamente morto non si può permettere.

Per portare avanti la protesta dei lavoratori dello spettacolo è stato occupato a Roma il cinema Metropolitan, una delle sale storiche della capitale, dismesso per farne l’ennesimo negozio di abbigliamento. A Cassino il 28 gennaio i lavoratori dello spettacolo hanno manifestato insieme ai metalmeccanici della Fiom e lo stesso giorno a Roma una delegazione è andata al ministero della cultura a portare lettere che chiedevano le dimissioni del signor ministro. Sono piccole cose rispetto alle migliaia di persone che hanno invaso il tappeto rosso alla Festa del Cinema di Roma, ma servono a tenere viva l’attenzione sul problema di una categoria di lavoratori che ha scarsissima considerazione e risente della totale mancanza di tutele e ammortizzatori sociali. Si rischia anche di perdere quei pochi che ci sono come ad esempio la disoccupazione.
Le rivendicazioni per il movimento “Tutti a Casa”, che unisce al suo interno varie sigle e associazioni di categoria, sono state quasi totalmente disattese. La conferma del tax credit per soli sei mesi appare solo come una presa in giro dal momento che in sei mesi, considerando i tempi della produzione cinematografica, non è possibile pianificare nulla. Eppure è stato dimostrato che tax credit e tax shelter sono investimenti che portano un beneficio all’economia del paese. E’ un provvedimento a sostegno dell’industria dell’audiovisivo che funziona in tutto il mondo e se non lo si vuole applicare l’intento è chiaro: il settore della comunicazione deve essere gestito da una oligarchia di soggetti produttivi e distributivi controllati dalla politica in barba alle regole del libero mercato. Un esempio di come tutto dipenda dalla politica è evidente: in Rai una fetta della produzione viene assegnata a società che appartengono o sono controllate da Mediaset. Cioè si regalano soldi (pubblici) alla concorrenza (privata).

A causa dei pochi risultati concreti raggiunti, l’unità del movimento “Tutti a Casa” sta iniziando però a scricchiolare. Nell’assemblea di lunedì 24 gennaio è apparso chiaro come il movimento, faccia fatica ad andare oltre le proprie divisioni interne. C’è malcontento, rabbia repressa e la voglia di fare di più ma non è facile valicare il muro di gomma eretto da un interlocutore istituzionale che non è disposto a nessun tipo di dialogo e le armi del movimento non appaiono particolarmente affilate. Uno sciopero efficace da parte di chi opera in questo settore non è semplice da organizzare per due motivi, in primo luogo perché è un settore molto frammentato ed in secondo luogo perché si lavora con frequenza saltuaria (i francesi dicono a intermittenza). Appare inoltre evidente che questo governo in stato comatoso e troppo preso ormai nel vano tentativo di arginare gli scandali quotidiani, non sembri interessato a sedersi al tavolo per discutere leggi quadro o elaborare strategie ma anche per altri settori le cose non vanno tanto meglio. La situazione sociale in Italia sta continuando a deteriorarsi sempre di più e tanti focolai di protesta si accendono: dagli studenti ai ricercatori, dai precari ai pastori. La difesa d’ufficio ormai è affidata a servitori e lacchè sempre più stanchi e privi di lucidità come il ministro Bondi.

La caduta del governo non dovrebbe essere obiettivo primario di un movimento che rivendica ben altre istanze. La rivoluzione si fa con altre armi e in altre piazze e di solito chiede un elevato tributo di sangue. Chi ha maggiore lungimiranza e capacità di analisi dovrà fare in modo di tenere compatto il fronte continuando ad insistere su determinati obiettivi e tenendo presente che un risultato molto importante è stato comunque raggiunto a livello di comunicazione. I lavoratori dello spettacolo sono riusciti a far capire al “mondo esterno” al loro ristretto ambiente di non essere intellettualoidi privilegiati ed elitari, anzi per molti di loro è vero l’esatto contrario. L’opinione pubblica sta cominciando a riconoscere a chi opera nello spettacolo la dignità di lavoratore. Prima o poi si spera gliela riconoscerà anche lo stato.

31/01/2011, 11:44

Daniele Malavolta