Eugenio Cappuccio: "Perché ho scelto di fare questo film
e perché ho scelto Emilio Solfrizzi e Belen Rodriguez"


Eugenio Cappuccio:
Siamo partiti da un soggetto di Antonio Avati, che è stato affidato per un primo trattamento allo scrittore Claudio Piersanti (penna che amavo molto già da prima), e prima che intervenissi anch’io alla scrittura della sceneggiatura: in fondo mi è stata offerta nuovamente l’opportunità di confermare l’attenzione costante - che ho avuto anche negli altri miei precedenti film (da Il caricatore in poi, anche se con toni, colori e argomenti diversi) - verso il racconto di un protagonista messo alle strette dalla vita.

È la storia di un uomo messo ad un banco di prova: ho sempre descritto nei miei film uomini al bivio, persone interessanti da raccontare, con i dubbi, i conflitti, gli incontri e gli amori, e - perché no - anche il riso, l'ironia.

Questo film è raccontato in chiave di commedia: sottolinea l’eros diffuso, la paura di sentirsi inadeguati, la voglia di ritentare nuove occasioni; consente considerazioni più o meno serie sul successo e le sue molteplici facce; dà l’opportunità di raccontare l’Italia di oggi, e non solo, analizzando un tema centrale come quello dell'apparire, e poi cosa significa passare attraverso la tv… un sacco di roba, insomma!

Una cosa spero emerga dal confronto con Piero Cicala, il protagonista: il valore della dignità di un piccolo grande uomo che si fa coinvolgere e trascinare, che riaccetta una sfida, e che, nonostante le sue debolezze, non vende l’anima.

La nostra ambizione è stata anche di mettere a confronto due modi di vivere il successo: uno bruciato troppo in fretta, Piero Cicala, e un altro odierno, globale, gossipato e amministrato come una azienda, Talita Cortès (Belén), che nel corso della vicenda diventa rilevante fil rouge del film, come la cantilena legata al suo “lato b”. Il confronto tra i due, condito dalla differenza di età tra il cantante e la superdiva mediatica, è fonte di frequente divertimento e cattiverie!
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Se sei così, ti dico sì" è per certi versi la storia di una “assurda mascherata”, resa necessaria dalla società della comunicazione, dello spettacolo: per ripresentarsi sulle scene ove il Moloch televisivo lo pretende, il nostro protagonista sente suo malgrado il bisogno di riassomigliare a Piero Cicala "il cantante" e non a Piero Cicala "'u camarir" (il cameriere); e così accetta di ricostruire la sua vecchia, patetica, immagine del passato; il suo vecchio amico chitarrista, ora barbiere (Totò Onnis), compie un lavoro da mago del trucco, riproponendocelo uguale nell’aspetto a 30 anni prima.

La maschera che Cicala accetta di indossare non è altro che un passaggio verso un ulteriore stato, quello di un uomo che nonostante tutto, nonostante la vita non sia stata con lui particolarmente generosa, né lui con lei; liberandosi nel finale da ridicoli fardelli, riesce a ritrovare un briciolo di voglia di esistere, e dire la sua, a riscattarsi dall’apaticità che viene dalla sconfitta, cantando la sua canzone preferita. Si rende conto che non serve a nulla piangersi addosso, e che è importante, per il tempo che resta, coltivare obiettivi creativi e vitali, morali forse; che l'esperienza è un valore, come i fallimenti superati e compresi. Poi ci pensa il destino a rioffrirti l’occasione: ed è questo il senso della sua avventura con Talita Cortès in America; gli è servita a vincere le sue paure. Ed anche Talita, per certi versi invaghita e stimolata da questo strano “marziano”, ci racconterà con rinnovata sincerità cosa significa essere star oggi.

PERCHÉ HO SCELTO BELEN RODRIGUEZ
“Sono qui per imparare”, mi ha detto quando ci siamo visti; intimamente pensai “cosa?!?”. mi sembrava così preparata nella vita, che era la cifra di un’ottima partenza… abbiamo parlato a lungo di noi, ci siamo incuriositi a vicenda, e scoperto che i nostri padri si chiamano tutti e due Gustavo...

Belén è evidentemente un fenomeno classico della società dello spettacolo contemporanea, in cui prevale la cultura del corpo, all’apparenza necessaria: io l’ho trovata una persona intelligente che sa esattamente quello che sta vivendo; ed è soprattutto un’ottima amministratrice del suo successo.

Ha dato luce alla nostra storia perché è una donna luminosa, disponibile, sincera, aperta e attenta: all’inizio erano tutti un po’ preoccupati, perché avrebbe dovuto affrontare una storia piuttosto articolata ed entrare in rapporto con un mattatore come Emilio Solfrizzi; ma lei, invece, è stata ampiamente all’altezza della situazione, si è affidata alla regia e ci ha messo anche del suo.

PERCHÉ HO SCELTO EMILIO SOLFRIZZI
Chi altri? Ho sempre avuto l’impressione di essere stati al liceo insieme, in viaggio insieme, a fare danni insieme; di averlo, insomma, non incontrato per la prima volta, semmai ritrovato… E poi credo sia uno degli attori italiani più versatili e simpatici in circolazione: per il mio film si è rivelato unico e insostituibile. Abbiamo costruito insieme molti snodi importanti del film, Emilio tiene al buon risultato in maniera maniacale, io sono come lui e siccome siamo così ci siamo detti sì…

E poi è pugliese: poche cose mi fanno ridere e affascinano come il suo dialetto, la gestualità, la filosofia di quella gente, la bellezza della Puglia… che per certi versi è una California italiana.

Quando è in scena, Emilio ha un ‘piano d'ascolto’ fantastico, non ‘fa le facce’, è una grande maschera cinematografica, potrebbe essere Pulcinella o Pantalone; mi fa pensare a Paganini, non so perché.

08/04/2011, 09:37