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Note di regia del film "Terraferma"


Note di regia del film
Tornare sull’isola di Respiro nell’estate del 2009…
Ho trovato un luogo molto diverso da come lo ricordavo durante le riprese di Respiro… il mio scoglio sperduto in mezzo al mare è adesso terra di frontiera. Relitti di barche mezze affondate, in attesa di essere cancellate dal mare, motovedette con cannoni e mitragliatrici, confusione e disperazione. Rimango sull’isola ad aspettare…
Dopo 21 giorni alla deriva, approda a Lampedusa un barcone carico di più di settanta persone. Sepolte dai cadaveri dei compagni di viaggio, soltanto cinque sono sopravvissute.
Tra questi c’è un’unica donna: Timnit T.
Vado a cercarla. La trovo sorridente, dice di essere nata una seconda volta.
Sono anni ormai che osservo le immagini di questi barconi che approdano sulle nostre coste, che ascolto i racconti dei sopravvissuti, di coloro che sono riusciti a “rimanere a galla”.
La stampa parla di “esodo”, “tsunami umano”, “clandestinità”, “immigrazione”.
Guardando Timnit mi sembrano parole vuote. Lei non porta quei nomi. Non corrisponde a quelle parole. Timnit ha lo sguardo di chi ha rischiato la vita per cambiare la sua storia, ha attraversato il mare, un’altra odissea, un altro viaggio verso l’evoluzione. Finché ci sarà vita sulla terra gli uomini partiranno per migliorare loro stessi.
Il movimento è azione e l’azione è conoscenza.
Come si può negare ad un uomo il diritto di andare, di cercare, di conoscere e quindi di evolversi?
Come raccontare una storia ed uscire da parole come “clandestino” o “ emigrato” o “extracomunitario”?
Una mattina mi sveglio pensando ad una frase: “c’era una volta”…
Comincio a scrivere come se mi rivolgessi ad un bambino, come se potessi raggiungere il bambino che è dentro di me. Ho cercato un linguaggio libero da pregiudizi e da paure.
Provo un senso di ribellione all’idea di essere trattato come un bambino disubbidiente a cui si dice ancora “ attento all’uomo nero che ti mangia tutto intero”… questa è la cantilena che ascoltiamo da anni, questo lo strumento usato per renderci più docili, più fragili, più bisognosi di protezione.
Ritorno da Timnit e le domando di imbarcarsi con me, su una barca immaginaria, quella della rappresentazione. Le propongo di reinterpretare alcuni momenti della sua storia vera con l’intesa e l’intento di poter cambiare, di poterla riscrivere, ricreare. Le propongo l’incontro con un'altra donna, un’isolana, con la stessa voglia di andare, di ricostruire altrove, per migliorare se stessa per aiutare suo figlio a crescere senza paura.

Emanuele Crialese