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“Case Depart”, scherzare sulla schiavitù è possibile


“Case Depart”, scherzare sulla schiavitù è possibile
“Case Depart” è un film girato a sei mani: sono quelle di Fabrice Eboué e di Thomas Ngijol, anche protagonisti della pellicola, e di Lionel Steketee.

Una commedia che parla di schiavi e di razzismo, un veloce ripasso delle conquiste che a fine '700 in Francia e nelle sue colonie portarono alla fine di un periodo buio di soprusi e violenze, in cui anche la parola “razzismo” non aveva alcun senso perché maltrattare i neri non era considerato un comportamento spregevole.

Fratellastri “degeneri” (per motivi diametralmente opposti), Joel e Regis tornano nelle natie Antille dalla Francia al capezzale del padre morente. L'eredità lasciatagli si “limita” all'originale documento che sanciva la libertà dalla schiavitù dei loro avi. I due disprezzano il tesoro di famiglia e la zia, con un rito voodoo, li riporta a quel 1780 e in quella piantagione, a dover sopportare angherie di ogni genere per avere salva la vita, per capire sulla propria pelle (letteralmente) ciò che quel semplice pezzo di carta significava.

Detta così potrebbe sembrare un noioso pamphlet su schiavi e padroni, ma “Case Depart” (presentato al Bergamo Film Meeting come anticipazione del Festival del Cinema Africano, d'Asia e d'America Latina) è una commedia molto divertente in cui ogni evento, anche il più truce, viene alleggerito dalle smorfie e dalle battute dei due affiatati protagonisti. Un lavoro disincantato che riesce a scherzare su un tema serissimo.

16/03/2012, 07:45

Carlo Griseri