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PENTEDATTILO FILM FESTIVAL - Una grande VII edizione


Il direttore artistico Emanuele Milasi racconta la sfida nata nel 2006: far rivivere un borgo abbandonato della Calabria attraverso il cinema.


PENTEDATTILO FILM FESTIVAL - Una grande VII edizione
Un evento vero, sincero, necessario.
Si presenta così il "Pentedattilo Film Festival", concorso internazionale di cortometraggi, che ha appena concluso la sua VII edizione.

Un'iniziativa che nel mare magnum dei festival italiani, spesso ricchi di finanziamenti ma poveri di idee, spicca per la "mission" prefissata: far riscoprire alla gente l'antico borgo di Pentedattilo, abbandonato da più di cinquant'anni, attraverso la settima arte.

Quattro sezioni competitive di altissima qualità con produzioni provenienti da tutto il mondo, selezionati tra oltre mille titoli. Il festival è ideato e realizzato dall’Associazione Pro Pentedattilo onlus e dalla Ram Film. Il direttore artistico Emanuele Milasi ha raccontato a Cinemaitaliano.info le difficoltà, le speranze per il futuro e i risultati ottenuti da una "piccola grande" manifestazione.

Il festival si era sempre svolto a settembre. Da cosa nasce l'idea di anticiparlo ad agosto e come ha risposto il pubblico?
Volevamo provare a renderlo un festival estivo e la cosa ha funzionato. La gente ha risposto molto bene, riempiendo tutti gli spazi possibili, un pubblico eterogeneo fatto di appassionati o di chi veniva a scoprire per la prima volta il linguaggio del cortometraggio. Sono stati tre giorni ricchi di proiezioni, incontri, workshop, istallazioni e mostre fotografiche. Abbiamo davvero occupato il borgo, perchè in ogni slargo e in ogni via c'era qualcosa di nuovo e di diverso da scoprire. E poi c'è stata una grande partecipazione da parte degli autori italiani e stranieri che sono arrivati affrontando tutte le difficoltà del caso, fortemente attratti dal borgo.

Ma il festival sarà destinato a vivere durante l'anno grazie ad una iniziativa che parte proprio da un workshop. Ci racconti qualcosa in più in merito?
E' stata un'idea dei registi Wilma Labate e Guido Chiesa, condurre un workshop incrociato di regia e sceneggiatura in cui oltre a fare lezione si cercava di prendere dei feedback dai seminaristi per far scrivere loro una storia da trasformare in un progetto cinematografico breve da ambientare nel borgo. Il corto sarà realizzato da una produzione locale e proiettato il prossimo anno. Così il festival dimostra di non essere solo un momento di visione, ma anche interazione, creazione, scambio di idee e di professionalità.

Da molti anni ti occupi di cortometraggi e anche quest'anno molti piccoli film di casa nostra erano in concorso nelle varie sezioni. Che idea ti sei fatto delle produzioni italiane?
La cosa che stupisce maggiormente è che in Italia gli autori realizzano corti o come saggi di scuole cinematografiche o come autoproduzioni. Non c'è una produzione che investe sul corto, come invece capita per le opere prime di lungometraggio. Se invece vai all'estero il corto è considerato come una produzione a tutti gli effetti, e ad esempio in Spagna li trovi in vendita in dvd. In Italia è considerato solo in funzione dei festival ed è visto come palestra in vista della realizzazione di un lungo, perchè solo quello è riconosciuto come cinema a livello commerciale. Ma bisogna ammettere che oggi gli italiani sono prima di tutto dei documentaristi e degli autori di corti, con la differenza che mentre per il doc una strada c'è, soprattutto con le tv estere, per il corto non c'è modo di poterli fare fruire. E' un peccato perchè c'è una storia vera e propria del corto in Italia, e alcuni sono stati dei modelli, vedi ad esempio i lavori brevi di Vittorio De Seta.

Portare il cinema in un borgo fantasma, idea affascinante ma al contempo ricca di problemi. Ci sveli i retroscena?
A livello logistico e organizzativo è sempre una battaglia. Portare delle proiezioni in un posto simile non è facile a livello geologico e strutturale. Il borgo è fragile, non puoi immaginarti alcune cose, ed in alcuni punti se attacchi un chiodo ti crolla una parete. E' un borgo che deve essere considerato come un elemento unico e intoccabile, non puoi modificare nulla e devi riuscire ad adattarti tu. Questo è un limite ma è anche una sfida, perchè sai che devi inventarti sempre qualcosa che non violenti il posto, perchè se lo fai il posto risponde e ti ritrovi in grandi difficoltà. Non essendo in un punto di passaggio, devi fare una grossa campagna di comunicazione e tenere alto il livello dei film, delle giurie e degli autori. Non puoi permetterti di sbagliare un'edizione, perchè l'anno successivo non torna nessuno. Non sei in mezzo ad una strada di un centro città, in cui nel bene e nel male puoi sempre intercettare qualcuno, perciò non si può mai tenere bassa la tensione, il rischio è di perdere pubblico e partecipanti.

28/08/2012, 13:35

Antonio Capellupo