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VENEZIA 69 - ACCIAIO, (in)felicità tra le lamiere


Stefano Mordini porta al cinema il romanzo pluripremiato di Silvia Avallone ambientato a Piombino


VENEZIA 69 - ACCIAIO, (in)felicità tra le lamiere
Quando la tua vita quotidiana è segnata da turni di otto ore in una acciaieria, e il tempo al di fuori del "mostro" si divide tra problemi familiari, cazzeggio con gli amici/amiche e tentativi di far passare il tempo nulla facendo, per di più in un contesto paesaggistico - per quanto di mare - schiacciato e in qualche modo annullato dall'amata-odiata fabbrica Lucchini (che inquina e disumanizza ma dà lavoro a tutti), è difficile avere la forza di essere felici.

"Acciaio" di Stefano Mordini è tratto dall'omonimo romanzo di Silvia Avallone, un libro che racconta un pugno di vite che ruotano, volenti o meno, intorno all'enorme acciaieria che realmente si impone sul panorama della città toscana di Piombino.

Sono proprio i totali panoramici a rimanere più impressi negli occhi di coloro che non conoscono quella realtà, e Mordini ne regala qualche stralcio fin da subito, per immergere lo spettatore in un'atmosfera che sarebbe difficile comprendere altrimenti.

La Lucchini dà da mangiare a tutti, ma è una fabbrica che "spegne" chi ci lavora con turni massacranti nel fisico e nell'animo, che distrugge l'ecosistema (di ambiente non si parla nel film, ma è facile capire che ci sia anche quel problema...) e lega a sé tutti. I più anziani (ma "a 40 anni qui si è già vecchi", come dice uno dei personaggi) hanno quasi tutti perso la speranza, i 20-25enni lottano con i loro mezzi (droga, alcol, sesso) e con disincanto, le ragazzine 14enni fanno i conti solo con un altrove da ricercare al più presto.

E' questo il caso di Anna e Francesca, amiche per la pelle e alle prese con una fase difficile delle loro vite, con i corpi bellissimi che stanno sbocciando ed esigenze in parte ancora da bambine. Due ragazze che si cercano e si perdono, ma che sembrano essere legate a prescindere dagli eventi che le attendono.

Era forse la sfida più dura per Mordini quella di trovare due giovani attrici che sapessero e potessero rendere bene questi due personaggi, e dal casting accurato sono uscite Anna Bellezza e Matilde Giannini, decisamente le sorprese migliori del progetto "Acciaio", che provocano costantemente il voyeurismo dei vicini e dei ragazzi, e di conseguenza anche del regista (che non scade mai nella volgarità).

Se forse manca la continuità del racconto (molti passaggi e molti episodi sono solo abbozzati e fatti intuire), il film riesce però a trasmettere il malessere del quotidiano dei suoi personaggi, elidendo le parti scritte di alcuni di loro (i genitori sono quasi assenti, e anche tra i ventenni Mordini ha mantenuto solo i più indispensabili): il focus è tutto su Anna e Francesca, e sul loro tentativo di sfuggire a un destino che pare già scritto.

03/09/2012, 01:46

Carlo Griseri