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Festival Roma - IL CECCHINO, Michele Placido dirige in Francia


Un film d'azione che ricorda per sviluppo Ronin di John Frankenheimer. Ambientato in una Francia sempre più simile agli States. Violante Placido e Luca Argentero nel cast


Festival Roma - IL CECCHINO, Michele Placido dirige in Francia
Violante Placido in IL CECCHINO di Michele Placido
“In Francia tutti hanno apprezzato "Romanzo criminale" e dunque gli sceneggiatri Cedric Melon e Denis Brusseaux mi hanno chiesto di girare un polar, un poliziesco di stampo francese”.

Questa volta Michele Placido gira nella lingua di Molière con "Il Cecchino", un thriller che nelle pieghe del poliziesco nasconde il temi dei giovani “reduci” dell’Afghanistan.

“Ho cercato comunque di fare un film d’azione ad ampio spettro senza appesantirlo con un discorso politico. Al di là del film di genere, ciò che mi interessa è la complessità dell’animo umano e mi piace esplorarne il lato oscuro”, spiega il regista pugliese.

Con un cast eccezionale con Daniel Auteuil, Mathieu Kassovitz e Olivier Gourmet, Placido presenta fuori concorso al Festival di Roma, una storia di routine tra poliziotti e deliquenti. Il commissario Mattei è determinato a sgominare una banda criminale esperta in rapine in banca. E sembra riuscirci in occasione dell’ultimo colpo, quando un cecchino, in agguato sui tetti di Parigi, comincia a sparare contro i poliziotti, per permettere ai suoi complici di fuggire. Ma il ferimento allo stomaco di uno di loro, Luca Argentero, li costringerà a cambiare i propri piani. Si scatena così una caccia all’uomo che porterà alla cattura dello stesso cecchino.

Il film si presenta subito come un sondaggio, in cui si spera di trovare adeguate risposte. Chi ha tradito chi? E il bottino? Che legame oscuro e nascosto collega Mattei e il suo cecchino? Allo stesso tempo, alcune ragazze cominciano a sparire misteriosamente.
E non bastano il ritmo sostenuto e una recitazione impeccabile per impedire a Placido di perdersi in disgressioni e scorciatoie sbagliate, fino a realizzare una successione di scene senza coerenza, alcune anche inverosimili, dove si fa fatica a trovare il collegamento tra i misteri e gli enigmi che si moltiplicano come scatole cinesi.
Se il film non è da buttare lo deve forse alla sequenza più bella: Fanny Ardant con una pistola in mano.

12/11/2012, 16:56

Monica Straniero