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"CINEMA E STORIA, un terreno 'di confine' da esplorare"


Intervista a Christian Uva e Paolo Mattera, curatori del primo numero della rivista di Rubbettino


Quali sono gli obiettivi della rivista?
"L’immaginario è storia tanto quanto la Storia". Questo è quanto scrive Marc Ferro nel suo Cinema e Storia, caposaldo delle prime indagini tra le due discipline che questa rivista intende tornare a fare dialogare nell’orizzonte di un comune interesse: quello appunto nei confronti dell’immaginario, del terreno culturale in cui esso si radica e degli effetti che l’immaginario produce nella realtà. È così che le due discipline menzionate nel titolo di questo progetto editoriale si profilano come aree di riferimento di una pluralità di saperi, approcci e metodologie tutti da indagare in relazione a una molteplicità di fini: per esaminare le diverse modalità di “testualizzazione” della realtà storica messe in atto dal cinema; per esplorare e interpretare i meccanismi produttivi, le forme e il linguaggio del film con riferimento alle dinamiche storico-culturali e all’elaborazione dell’identità di un’epoca; per verificare come i film siano “agenti di storia”; per studiare le opere audiovisive quali testi capaci, in un orizzonte mediale sempre più plurale e proteiforme, di restituire la complessità di una stagione storica in confronto dialettico con le tradizionali fonti scritte. Secondo questa prospettiva, Cinema e Storia si colloca su un terreno di confine, forse una “terra di nessuno” in buona parte da esplorare e per questo, almeno nel nostro Paese, ancora quasi vergine.

Il primo numero è dedicato agli anni '80: come avete scelto la tematica e come è stata "svolta"?
Se è vero che, come scrive Pierre Sorlin in questo numero, «il rapporto tra cinema e storia emerge chiaramente negli anni ’80 », tale periodo sembra candidarsi idealmente, anche in virtù di alcuni recenti e importanti contributi in ambito storiografico, a costituire il terreno su cui testare il dialogo tra le due discipline che danno il titolo a questa rivista. Gli anni Ottanta sono stati, infatti, un decennio dotato di uno spirito molto forte, improntato all’individualismo, al declino delle mobilitazioni collettive, alla ricerca della soddisfazione personale. Ed è un decennio che in gran parte attende ancora di essere studiato, soprattutto in Italia, dove ogni esame o giudizio su quell’epoca appare schiacciato dall’esito: Tangentopoli e il crollo del sistema politico. Proprio perché, dunque, dotato di uno spirito, il decennio segna il definitivo trionfo di un ethos, fatto di immaginario e di valori, prodotti allora più che mai da un singolare intreccio fra strutture materiali e dimensione simbolica. Tutti i Paesi occidentali accentuano infatti in tali anni il loro carattere di “società dello spettacolo”, con la televisione e il cinema che diffondono i propri codici e i propri linguaggi a tutti i livelli, dalla vita quotidiana al mondo politico. Ecco allora che, per studiare quel decennio con quello spirito, e soprattutto per dare vita ad un’opera di re-visione che non ceda ad un facile revisionismo, appare particolarmente fecondo il metodo interdisciplinare e l’interazione di competenze finalizzate a riesplorare e reinterpretare una serie di narrazioni oggi particolarmente illuminanti per comprendere il nostro presente…

La rivista ha due anime, una monografica e una sui film storici della stagione: che annata è stata il 2012?
I film “storici” inseriti nell’osservatorio curato da Luca Peretti sono trentuno, soltanto undici quelli italiani, per lo più distribuiti in un numero esiguo di copie. Scrive Peretti: «Le opere prettamente in costume stanno quasi scomparendo dalla produzione nazionale: basti pensare che l’unica eccezione, nell’anno considerato, è la puntata quattrocentesca di Amici miei. Per quanto riguarda temi, la Shoah mantiene sempre un posto di rilievo, grazie anche all’appuntamento annuale della Giornata della memoria, mentre nella stagione cinematografica di cui ci siamo occupati sono usciti ben due film sul colpo di stato cileno. Un’ultima segnalazione: tra i titoli distribuiti in sala con anni di ritardo, una grave mancanza è stata rimediata grazie all’arrivo nei cinema di This is England, film ormai cult sul primo periodo degli skinhead inglesi».

05/01/2013, 10:00

Carlo Griseri