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NON CI INDURRE IN TENTAZIONE - La crisi della fede


Doppio ruolo per l'unico attore in scena, Lorenzo Berti, anche co-autore della sceneggiatura con N. Santi Amantini


NON CI INDURRE IN TENTAZIONE - La crisi della fede
Non è un film semplice "Non ci indurre in tentazione", esordio dietro la macchina da presa del (finora) direttore della fotografia N. Santi Amantini. Non lo è per lo spettatore, chiamato in poco più di un'ora ad assistere a un percorso tra il mistico e lo sperimentale, e non lo è neanche per Lorenzo Berti, unico attore - in un doppio ruolo - del film nonché co-autore della sceneggiatura.

Volendo estendere il concetto, "Non ci indurre in tentazione" non è un film semplice neanche per il recensore: un solo attore in scena, dialoghi prossimi allo zero, riflessioni spirituali e filosofiche, citazioni visive e testuali (si passa dalla lettura de "I Fiori del Male" di Baudelaire ai videogame sparatutto con sottofondo di musica ecclesiale per finire con il Nanni Moretti di "Ecce Bombo") vanno a inserirsi in un film dallo sviluppo tutto interiore.

La trama, volendo, sarebbe semplice da raccontare: un ex-seminarista in crisi di fede, rinchiuso tra le pareti della casa natìa, intraprende gli ultimi giorni di una lotta spirituale con il suo Doppio tentatore, “un gemello cattivo” che lo perseguita... Ancora più rapido sarebbe citare la frase di lancio del film: "Se il serpente morde prima di essere incantato, non c'è niente da fare per l'incantatore".

Una crisi di fede o un animo sul baratro della follia? Perché gli specchi della casa sono tutti oscurati? Come mai il protagonista è chiuso in casa in isolamento? Cosa lo blocca? "Non ci indurre in tentazione" è un film insolito, che suscita molti interrogativi (e non sempre vuole rispondere), un "oggetto" difficile da identificare ma che merita una (consapevole) visione.

25/02/2013, 09:00

Carlo Griseri