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BEN PASTOR - Romanzi da Cinema, "Il Cielo di Stagno"


In uscita il 14 marzo la nuova avventura di Martin Bora, il protagonista del nono romanzo di questo ciclo. "Il Cielo di Stagno" è ambientato in Ucraina nel maggio-giugno del 1943. Intervista con la scrittrice italiana trapiantata negli USA, che parla del presente e del futuro del suo personaggio


BEN PASTOR -  Romanzi da Cinema,
Ben Pastor autrice del Romanzo "Il Cielo di Stagno"
Ci racconti brevemente il tuo personaggio Martin Bora?

Bora è un giovane ufficiale tedesco, nato dall’aristocrazia terriera e intellettuale sassone, indirettamente discendente da Martin Lutero. Volontario dei Servizi segreti nella Seconda guerra mondiale, si trova a confrontare i terribili dilemmi morali di quell’immane conflitto, e contemporaneamente a risolvere complessi e a volte sorprendenti casi di omicidio. Colto e severo, direi che, calato nel profondo della peggiore Germania, incarna l’eccellenza coraggiosa dei pochi che vi si opposero.

Quanti romanzi hai scritto con lui protagonista?

"Il Cielo di Stagno", in uscita il 14 marzo da Sellerio, è il nono romanzo di questo ciclo (ne sono previsti altri tre). La serie di Bora copre gli anni 1937-1945, dalla guerra civile spagnola alla caduta del Terzo Reich, e cerca di narrare con accuratezza la presa di coscienza di un soldato davanti a un’angosciante realtà genocida. Allo stesso tempo, i romanzi propongono intricati contesti investigativi che implicano la grande azione, a volte mozzafiato, tipica dei thrillers.

Parlaci brevemente (e in anteprima) di "Il Cielo di Stagno"

Il romanzo si svolge in Ucraina nel maggio-giugno 1943, poco prima della grande (e disastrosa per i tedeschi) battaglia tra corazzati di Kursk. Bora, neo-comandante di un reggimento di cavalleria, si trova a dover investigare – a suo rischio – sulla morte di due generali russi, in mano tedesca per diversi motivi. Le radici del duplice caso affondano nella storia travagliata della Russia rivoluzionaria, della successiva guerra civile, dell’apocalittica carestia degli anni 30 e delle Grandi Purghe staliniane. Quindi un grande cerchio storico che tocca Bora da vicino, e che si chiude drammaticamente davanti ai suoi occhi.

Le storie di Bora sono molto cinematografiche: hai avuto qualche proposta in passato per una trasposizione sul grande schermo?

In effetti, agli inizi del 2000, ci fu un forte interesse per un film ispirato a "Lumen". Si ipotizzava una co-produzione con gli Stati Uniti e la Repubblica Ceca (quanto ad esterni e a teatri di posa). Purtroppo la catastrofe dell’11 settembre 2001, che suggerì all’industria cinematografica statunitense di bloccare sine die i progetti riguardanti lo “scontro di culture” (nel caso di "Lumen" l’opposizione tra nazismo e le sue vittime, anzitutto gli ebrei) determinò l’accantonamento del progetto, che non fu più ripreso. Qualche anno dopo una sorte analoga è toccata a "Kaputt Mundi". Mi rendo conto che il mio è un personaggio “scomodo” per il mass market cinematografico (un eroe positivo, onesto, compassionevole, dentro la divisa più sbagliata che si possa immaginare!), ma confido che questi pregiudizi possano cadere, e Martin Bora possa trovare la strada di una trasposizione sul grande schermo.

Chi vedresti come regista di un film tratto da un tuo romanzo?

Ammiro molto tre registi che parlano di guerra e conflitti interiori: Sam Mendes (Skyfall, Jarhead), Kathryn Bigelow (The Hurt Locker, Zero-Dark-Thirty) e Aleksej German Jr. (The Last Train/Posledniy Poezd), perché, ognuno a suo modo, sanno trattare con intelligenza, umanità e potenza spesso visionaria le tematiche degli uomini al fronte.

E quale attore nei panni di Martin Bora?

Problematica domanda. Il suo tipo fisico non coincide con quello degli attori di moda adesso: non basta infatti avere occhi chiari, o essere bruno e alto un metro e novanta per rendere l’idea. Secondo me, due attori degli anni ’40 e ’50 che si avvicinano come aspetto alla descrizione di
Martin Bora sono Montgomery Clift prima del suo devastante incidente d’auto, e Gregory Peck. Per inciso, entrambi hanno qualcosa in comune come Bora: Clift infatti era un poliglotta, e Peck cattolico praticante.

Quale sarà il destino di Martin Bora dopo la guerra?

Fu il generale MacArthur a coniare il motto: “Old soldiers never die, they just fade away.” Benché non sia affatto vecchio (nel ’45 ha appena trentadue anni), per Bora dovrebbe valere questa massima, secondo cui il vero soldato non muore mai, semplicemente svanisce. Avidi lettori hanno proposto diverse soluzioni: dalla morte in guerra all’entrata di Bora nella NATO, ad una permanenza con la Legione Straniera in Indocina... perfino un suo ritiro nella Scozia materna “a giocare a scacchi con il vicario.” Dovrei chiedere a Martin, l’eroe stoico ma un po’ masochista, cosa voglia fare di se stesso!


Il Booktrailer del romanzo "Il Cielo di Stagno" di Ben Pastor


02/03/2013, 09:00

Stefano Amadio