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Note di regia del film "Spaghetti Story"


Note di regia del film
SPAGHETTI STORY è un film totalmente indipendente, in cui ho voluto raccontare la mia generazione, quella che troppo spesso viene dimenticata dalle cosiddette “commedie giovanili”.
SPAGHETTI STORY è un film low-budget. Anzi, sarebbe più corretto dire quasi no-budget. Questo perché ho preferito evitare di dover aspettare anni nel tentativo di girare con un vero budget cinematografico, magari correndo il rischio che questo film non vedesse mai la luce. Troppo spesso, infatti, nell’attesa di opzionare un attore famoso per invogliare un produttore o per ricevere il finanziamento che non arriva, i film non vengono prodotti, e le storie che dovrebbero raccontare la “nostra storia” non vengono raccontate. Con il risultato che, solitamente, le realtà altre da quelle che trovano vita nelle varie pellicole da “main stream” non vengono per nulla rappresentate.
SPAGHETTI STORY entra nelle vite dei ragazzi e dei giovani adulti di oggi, e ne fa un ritratto onesto, veritiero, ironico ed emozionante. Racconta di ragazzi che conducono vite dagli orizzonti ristretti, ma che hanno animi non ancora corrotti, non ancora gretti, e che, anche se stretti in difficoltà più grandi di loro, scelgono di di correre in aiuto di chi è ancor più in difficoltà.
SPAGHETTI STORY rappresenta la mia generazione non solo nella la storia che racconta, ma anche nel modo in cui è stato realizzato. E’ un film molto semplice, girato con l’attrezzatura che poteva entrare nel bagagliaio di un’auto, con una sola ottica (un 50mm), in soli 11 giorni, tra difficoltà e imprevisti che, alla fine, sono stati il valore aggiuinto del film perché hanno stimolato la creatività e la ricerca di nuove soluzioni. Ne deriva che l’uso quasi esclusivo di un solo campo, della macchina a mano, di pochissimi primi piani e di molti tagli interni (funzionali, ma perfetti per come intendevo raccontare la storia) si rivela essere non, semplicemente, un’esigenza imposta dalla povertà dei mezzi, bensì una scelta funzionale e, direi, necessaria al racconto di questa particolare storia. Il titolo, non a caso, fa riferimento ad un modo tutto italiano di fare le cose, “SPAGHETTI”: un modo semplice, economico, anche povero se vogliamo, ma non per questo privo di creatività, ingegno, passione, emozione. Un modo per far sì che, in questo periodo di crisi, le storie non restino nei cassetti; per far sì che i film “commerciali” non siano i soli a vedere la luce; un modo per evitare che la creatività soccomba alla mancanza di risorse.
Mi piacerebbe che, guardando questo film, altri registi, giovani e meno giovani, si sentano invogliati a seguire la mia stessa strada, scavalcando i falsi ostacoli che li bloccano, e guardando alla mancanza di mezzi non come ad un limite, ma piuttosto come ad un’opportunità che ne stimoli ancor più la creatività e ne garantisca la libertà di espressione.

Ciro De Caro