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VITTORIO VENETO FF - Carlo Brancaleoni e Rai Cinema


Il responsabile di Rai Cinema a Vittorio Veneto per il festival dedicato ai giovani. Un'occasione per parlare dei progetti e della linea scelta dalla sua azienda per accompagnare il nostro cinema.


VITTORIO VENETO FF - Carlo Brancaleoni e Rai Cinema
Carlo Brancaleoni al VVFF con Rai Cinema
Nei festival dove tutto è a misura d'uomo e dove anche le star ridiventano umane, come al Vittorio Veneto Film Festival che ha premiato lo spagnolo "Fenix 11.23" di Sergi Lara, capita che anche un personaggio abbastanza schivo e difficile da incontrare come Carlo Brancaleoni, responsabile della produzione di opere prime e seconde per Rai Cinema, passeggi quasi indisturbato per le viuzze cittadine, guardando case per un possibile buen retiro e risponda di buon grado alle domande dei ragazzi, e confessi che "non abbiamo avuto alcun dubbio a premiare questo film, senza dubbio quello che per struttura, qualità ed emozioni ci ha messi tutti d'accordo".

Italiani in concorso, a parte "Itaker", non ce n'erano. "Spiace - ha detto la direttrice Elisa Marchesini - ma di 82 film che ci sono pervenuti, quelli italiani erano fra quelli meno interessanti".
Un bel problema. Perché? Perché manca la qualità in Italia? Cosa spinge per esempio una struttura come RaiCinema a produrre un progetto?

"Eh - sorride Brancaleoni - questa è una domanda molto delicata. Siamo una società pubblica quindi per prima cosa voglio dire che non abbiamo preclusioni sui progetti e sulla creatività, anzi. Ma quello che ci interessa davvero è che l'idea presentata sia originale, che combini il senso del progetto con la forma, che sia onesto, che sia vero, che venga dalla pancia, che si combini col cervello ma che la pancia e la verità siano presenti. Non posso leggere progetti scritti da ragazzi giovanissimi che scrivono con la sintassi di mia nonna, perchè questo è un falso, è un copiare e non è ciò che andiamo cercando quando vogliamo produrre un progetto. Siamo una struttura che che permette di realizzare dei sogni sia ai giovani che ai meno giovani, non dimentichiamo che Gianni Di Gregorio esordì tardissimo con "Pranzo di Ferragosto", purché questi siano veri, provocatori, sentiti".

Nel caso di "Amiche da morire" presentato al Festival e che tra i ragazzi ha riscosso un grande successo avete seguito questa linea?
"Con la giovanissima regista Giorgia Farina è successo esattamente questo. È una ragazza molto determinata, inteligente e preparata. È venuta da noi con un produttore, una sceneggiatura forte, un progetto ne quale credeva fortemente e un'idea di fare un film che citasse ciò che le interessava e quello che aveva studiato più a fondo ovvero la cultura pulp americana. Voleva girare una commedia dissacrante e divertente, con quel modello in testa, che veicolasse il messaggio che l'amicizia supera qualunque confine e ghettizzazione classista, che il senso delle esperienze condivise è l'unico che porta risultati. E ci è riuscita".

Una struttura come la vostra come interviene, se lo fa, sul progetto in generale?
"Non interveniamo mai in fase di ripresa, ma magari diamo consigli in fase di sceneggiatura e montaggio, dove vogliamo togliere certe preoccupazioni all'autore che magari può essere meno convinto di certe cose dato che magari non ha tutta l'esperienza che possiamo avere noi, questo per esempio è accaduto in "Scialla!".

Se dovessimo tastare il polso al cinema italiano e a Rai Cinema cosa troveremmo?
"Dobbiamo separare le due cose. Come Rai Cinema il primo quadrimestre ci vede primi in classifica come incassi per la distribuzione, significa da una parte che abbiamo fatto qualche buon film ma anche che il nostro grande competitor Medusa si è un po' defilato in questa fase e dobbiamo tenerne conto. Poi dobbiamo dire che stiamo molto puntando sui nuovi linguaggi e sulle potenzialità della rete. Su Cubovision e Rai Cinema Channel ad esempio ci sono film che si possono vedere in modo gratuito e che stanno andando molto bene, come "Aquadro". Qui possiamo sperimentare generi e modi narrativi anche estremi e per l'utente è gratuito. Su come stia il cinema italiano vorrei dire due cose. La prima è che abbiamo un pubblico che va educato costantemente, è un tema che ci sta molto a cuore e crediamo in questi anni di aver provato a farlo e di esserci in parte riusciti. La presenza di prodotti autoriali è aumentata, in questo Rai e Mediaset hanno fatto molto, anche se non è poi recepita e percepita troppo bene. E questo si collega alla seconda cosa che voglio dire ed è che noi italiani non siamo molto capaci a fare marketing sui film. Non c'è un'abilità nazionale di vendere e di creare l'attesa per un prodotto come fanno gli americani, noi facciamo film e poi piazziamo i prodotti come fossero in un supermercato. Sicchè il cultore andrà a cercarsi sempre quello che sa di volere, il consumatore tradizionale invece prenderà dallo scaffale ciò che lo attira, ma per istinto, per scelta di pancia o per facilità di reperire il prodotto".

Chi ha orecchie per intendere... intenda.

Che messaggio vuole lasciare ai giovani che ancora invece sperano in questo cinema italiano?
"Voglio dire di non smettere di crederci, di viaggiare, di vedere, di assorbire e di scrivere quello che avete in mente, con la verità dei vostri occhi e del vostro cuore, scrivete le vostre idee per quanto folli siano e senza filtri".

23/04/2013, 10:00

Elena Dal Forno