Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Dietro le quinte di 8 e mezzo"


Note di regia di
Ho conosciuto Fellini nel gennaio del 1956. Era diretto a Hollywood per gli Oscar, ma non ci arrivò mai. Invece conobbe tutti i miei amici beatnik: Alan Ginsberg, Shirley Clarke, Susan Sontag, Jonas Mekas, Robert Frank, Peter Bogdanovich. Tornato a Roma realizzò La dolce vita. Di colpo gli Stati Uniti si resero conto della sua esistenza. Quindi non mi stupii quando la rivista “Life” mi chiese di andare a Roma e di fotografarlo mentre lavorava. Poi Simon & Schuster, una grande casa editrice statunitense, mi chiese di scrivere un libro su di lui. Così nell’autunno del 1962 partii e piombai dritto nella confusione del set di 8½. Scattai tremila foto e quarant’anni dopo ero ancora a Roma. Chiesi a Federico di raccontarmi la storia della sua vita registrandola su nastro e di permettermi di scattare foto sul set. Ero proprio così ingenuo. All’epoca non mi rendevo conto del fatto che il mio compito era irrealizzabile. Come osavo chiedere di raccontare la storia di una vita che era ben lungi dall’essere finita? In effetti sembrava che lui non sapesse che cosa fare con me, quindi mi inserì nel suo film e mi fece girare l’Italia con il mio registratore per parlare con i suoi familiari, con le sue ex ragazze, con attori con cui aveva lavorato, con i suoi collaboratori artistici. I nastri si accumulavano. Alla fine dell’impresa avevo un appartamento a Roma, avevo imparato l’italiano, ero andato a New York con Federico per la prima di 8½. E ancora nessuna registrazione con Federico. Dopo i miei primi tre anni trascorsi in attesa a Roma, di colpo lo fece. Registrai cinque ore di intervista con lui. Il giorno dopo i nastri furono rubati. Lui non acconsentì mai più a rifarlo. Ho impiegato molti anni a capire il motivo del suo rifiuto: aveva inventato la storia della sua vita per me. E temeva che la seconda volta non sarebbe stata la stessa storia.

Gideon Bachmann