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Note di regia del documentario "Elegia per la Vita"


Note di regia del documentario
Oltre alle interviste a testimoni qualificati (artisti, giornalisti, critici e performer) il documentario usa immagini di repertorio inedite che si riferiscono alla presenza a Pescara nel corso degli anni Settanta di artisti quali Joseph Beuys, Giuseppe Chiari, Mario Merz, Gilberto Zorio, Vettor Pisani, Enzo Cucchi, Pierpaolo Calzolari, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Gino De Dominicis, Sandro Chia, Franco Summa, Sandro Visca, Albano Polinelli, Andrea Pazienza stesso -
e immagini inedite delle opere realizzate ed esposte in quel periodo.

Dal punto di vista registico mi sono posto un duplice “problema”: da una parte la rappresentazione fotografica delle opere d'arte, dall'altra la ri-presentazione di un materiale che si caratterizza già in origine come una rappresentazione documentaria dell'arte stessa.

Il riuso d'archivio diventa in questo caso un corpo a corpo tra passato e presente. Memorie perdute, cercate e ritrovate, portatrici in qualche modo di una specifica cultura visiva dell'epoca, di uno specifico immaginario, sottoposte a una serie di interventi che ne forzano il carattere espressivo ed evocativo, non meramente descrittivo-referenziale. Ricomposizioni che appunto forzano i materiali primigeni verso una loro seconda vita, elaborata anche da un preciso contrappunto sonoro che non agisce come mero commento musicale ma che ci offre quella convivenza di rapporti inaspettati in cui il vedere e il sentire diventano una cosa sola.

Le immagini e le interviste sono appunto contrappuntate da una colonna sonora che utilizza materiali provenienti dalla musica d’arte contemporanea. Le scelte che hanno orientato la costruzione del sonoro trovano una particolare concentrazione nella psichedelia musicale, non quella espressa nella musica pop e nel rock progressive, ma la sua rielaborazione artistica nella musica contemporanea ad opera soprattutto di autori quali Gerard Grisey e Fausto Romitelli, due dei compositori principali della corrente musicale spettrale e post-spettralista.

Il documentario gode del patrocinio della Rai per la sua valenza storico-culturale e anche per l’utilizzo di materiale di proprietà della Rai stessa prodotto tra il 1979 e il 1983 (concesso all’autore), anni in cui la sede Regionale della Rai (Abruzzo) si è caratterizzata come un formidabile centro produttivo anche grazie al coinvolgimento di autori come Peppino D’Emilio stesso.

Germano Scurti

29/03/2014, 15:42