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Note di regia del documentario "Sul Vulcano"


Note di regia del documentario
Sul Vulcano è un film ambientato in un posto unico al mondo, il Vesuvio, e, collocandosi tra passato e presente, si propone come un racconto a più voci sul delicato rapporto uomo-Natura, partendo dalla condizione storica dei napoletani, sempre in bilico tra filosofico fatalismo e dionisiaca vitalità. E se fatalismo e vitalità, rivisitati oltre gli alibi che da secoli quasi immobilizzano Napoli, venissero assunti a valori di una rinnovata rinascita, fortemente mediterranea, dell’uomo moderno? Tutto questo alla luce di un fatto, che chi vive su un vulcano porta storicamente dentro di sé: la Natura è più forte dell’uomo, persino oggi che l’uomo ha migliorato le proprie condizioni di vita.  Ecco che una nuova ecologia, in cui l’uomo torna a valutare i propri limiti, diviene necessaria, facendo tesoro di una storia millenaria: quella, appunto, di un vulcano intorno al quale vivono, più o meno consapevoli, centinaia di migliaia di persone.   Esiste una “vesuvianità”? A conoscere alcuni tra gli abitanti dei paesi che circondano il Vesuvio, da Somma a Ottaviano, da San Sebastiano a Cercola, da Torre del Greco a Bosco tre case… sembrerebbe proprio di sì! In questa terra un po’ tutti si sentono figli del Vesuvio e, in apparenza senza sentirne il peso, portano addosso i segni di una presenza ricca di leggende, storie, racconti, che nel film si manifestano grazie al contributo artistico di alcuni importanti attori. Sono loro, infatti, a dar voce a figure importanti che, lungo duemila anni, hanno raccontato il vulcano: da Plinio il giovane a Giordano Bruno, dal Marchese De Sade a Giacomo Leopardi, da Matilde Serao a Curzio Malparte… E i testimoni, Maria, Matteo e Yole, pur avendo i piedi ben piantati nel presente, non sono affatto lontani da queste figure. Al contrario, le loro testimonianze comunicano, oltre che con le immagini del passato (quadri, incisioni e soprattutto il prezioso repertorio cinefotografico dell’Archivio Luce), proprio con le parole di quegli artisti che il Vesuvio lo hanno evocato da sempre.   A sintetizzare efficacemente il senso di questo confronto/scontro tutto partenopeo con il vulcano, a testimoniare questa continua dialettica tra uomo e vulcano, è Giordano Bruno, che non a caso nacque a Nola, ai piedi del Vesuvio, e che, col suo “panteismo” religioso, diviene una sorta di nume tutelare del film. Giordano Bruno, in uno dei suoi tanti scritti, ci ricorda un sogno avuto a 12 anni, in cui a parlargli è il Monte Cicala, dirimpettaio del Vesuvio, verdissimo di alberi e piante.   Il Cicala parla al quasi adolescente Giordano, suggerendogli una metafora della vita: non basta salire fino a lui per conoscere il mondo, troppo facile! Bisogna avventurarsi lassù, sulla cima di suo fratello, dove tutto è più ostico, respingente. Da un lato, dunque, c’è il gentile Monte Cicala, che finisce col rappresentare l’ideale di una Natura per certi versi addomesticabile e per questo persino conveniente; dall’altra parte il Monte ribelle dall’ampio cratere, rappresentazione di una Natura “matrigna” ma non necessariamente ostile.

Gianfranco Pannone