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Daniele Segre ricorda Morando Morandini


Le parole del regista all'amico scomparso sulla newsletter de I Cammelli


Daniele Segre ricorda Morando Morandini
Nella serata di sabato 17 ottobre è scomparso il critico cinematografico e mio grande amico Morando Morandini.Ci siamo conosciuti di persona quando abbiamo co-diretto insieme ad Antonio Costa il Festival del cinema indipendente di Bellaria (2002/2005): un’esperienza che ci ha fatto vivere grandi momenti di incontro e riflessione sul cinema, sulla vita e sull’amicizia. Abbiamo continuato a incontrarci e a frequentarci, anche con il telefono, le cartoline e le poesie; poesie nate d’impulso con la rima improvvisata; simpatico intermezzo adolescenziale per fermare i ricordi vissuti insieme, con serenità o meno, forti di un rapporto leale basato sulla stima e il rispetto. Tra il 2004 e il 2010 ho realizzato Je m'appelle Morando. Alfabeto Morandini, nel silenzio del suo studio di Milano - immerso nella carta e nei libri - e nel giardino della casa di Levanto. Il suono della sua vecchia macchina da scrivere “lettera 32”, inseparabile strumento del suo lavoro di fronte a cui si isolava dal resto del mondo per concentrarsi esclusivamente sul proprio pensiero, punteggia nel film una passione, una precisione e uno scrupolo da artigiano orafo. Il tutto sempre in nome di una scrittura densa e sintetica in cui ogni parola ha un peso specifico e un ruolo cruciale. Morando racconta la sua storia di critico e giornalista cinematografico, le amicizie, i suoi punti di vista sul cinema e la politica e più di tutto l’amore della sua vita, la moglie Laura. Morando nel film gioca anche con i decenni cinematografici, scegliendo per ciascuno una sola opera, quasi come se stesse sfogliando le pagine de “il Morandini”, il suo celebre Dizionario. Tra i titoli scelti,Les Enfants du paradis (1945) di Marcel Carné, la cui celebre battuta della protagonista, «Je m’appelle Garance», diventa motivo per giocare nuovamente con le parole e identificarsi subito in un’idea di cinema autoriale insieme romantica e rigorosa. Morando nel giardino della casa di Levanto parlando della sua morte chiedeva di organizzare una festa che potesse in qualche modo ricordarlo con il sorriso e un buon bicchiere di vino.Fare qualcosa con e su di lui l'ho considerato necessario per le nostre vite che, grazie al cinema, si sono incontrate. Gli sono grato per l'affetto, il sapere e l'intelligenza che mi ha donato. Ai suoi figli Lia, Luisa e Paolo il mio più grande e forte abbraccio.

Daniele Segre

19/10/2015, 07:57