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GIUSEPPE CARRIERI - "I miei Appunti sulla Felicità"


Il regista ci racconta la serie di otto documentari in onda ogni domenica alle 13:50 e alle 19:15 su Tv2000.


GIUSEPPE CARRIERI -
Giuseppe Carrieri e Nicola Baraglia sul set in Afghanistan
Come nasce il progetto degli otto documentari di "Appunti sulla Felicità"?
"Appunti sulla Felicità" nasce ascoltando, in viaggio, le risposte di alcune donne di paesi e culture diverse, che non hanno avuto paura di raccontare le loro storie. Più che una serie, la sua genesi è diventata una dichiarazione d'amore verso quel lavoro silenzioso e costante che l'umanità porta avanti nel cercare di godersi la sua presenza nel mondo. La felicità è una materia complessa da raccontare per immagini, ma proprio per questo la sfida della sua narrazione è ancora più intensa. Chi la guarderà in TV, scoprirà una serie di film dove il dolore sa riciclarsi in qualcosa d'altro fino a diventare un’opportunità per comprendere la bellezza dei giorni e dei momenti.

Otto storie in otto paesi diversi sulle donne... Che differenze ai trovato nel raccontarle?
La differenza nei loro racconti è la loro somiglianza. Queste donne, per quanto distanti, rincorrono la vita più forte che possono e non importa quanto questa loro esistenza le abbia maltrattate. In loro c'è una risorsa inesauribile di coraggio che le catapulta ben oltre la violenza subita e le rende invincibili, per quanto debolissime e fragili. Quello che mi ha toccato è la vulnerabilità ostinata con cui si lasciano sfregiare dalle circostanze, ma che, nonostante tutto, non le intimidisce, non le frena, non le mette a tacere.

Nelle storie emerge la dicotomia tra dolore e felicità. Come hai incentrato il tuo lavoro per evidenziare questo aspetto?
Come ti dicevo prima, forse, si tratta solo di una stessa sostanza scomposta in due cellule apparentemente inconciliabili. La felicità trae la sua spinta indispensabile dal suo opposto ed è dal dolore che, paradossalmente, si può tracciare un percorso di risalita, di spinta verso l'alto, di contrasto alla caduta e alla ferita. La felicità è una ri-partenza, non si misura con l'elenco incondizionato di attimi trascorsi bene, quanto piuttosto per la capacità che ciascuno di noi può dimostrare di avere, nell'allontanare da sé il male e il vuoto, la perdita e lo smarrimento. E' una ri-partenza, mai innocente.

Da un punto di vista produttivo, come hai realizzato gli otto episodi e che difficoltà hai trovato nel tuo lavoro?
Se decidi di andare a girare in Afghanistan o al confine tra Mauritania e Mali, delle difficoltà per forza le incontri sul tuo cammino. Noi abbiamo avuto la grande fortuna di avere affianco dei compagni di avventura straordinari, quali la “Fondazione Pangea” e Luca Lo Presti a Kabul, così come “Medici Senza Frontiere” nel campo di Mbera. Il rapporto con le persone è stato sempre splendido e, per quanto fossimo divisi da provenienza, cultura e mondo di appartenenza, ti confesso che mai con nessuno di loro si è creato un sentimento di disagio. Era come se il dono della condivisione delle loro storie ci mantenesse uniti, a prescindere dalla lingua. La più grande difficoltà – la comunicazione – come per “In Utero Srebrenica” anche in questo caso è stato alla fine un valore aggiunto. E’ stato l’antidoto poetico all’incomprensione.

"In Utero Srebrenica", appunto, evidenziavi più il dolore che la felicità. Come sei giunto a questo "stadio" del tuo percorso artistico?
Credo che il percorso fatto non abbia stadi o strati, ma sia solo un sentiero di bivi e strade alterne. Dopo "In Utero Srebrenica" quello che contava di più, per me, era l'assolutismo insistente e integralista - in cui credo più di ogni altra cosa - dei primi piani. In tal senso non c'è un nuovo percorso, c'è solo un'altra serie di geografie, ma tutto è perfettamente allineato al passato e credo lo sarà ancora per un po’ finché la solitudine di un campo lungo non mi lascerà riflettere di più.

Per concludere, ci puoi dire a cosa stai lavorando? Quali sono i tuoi progetti in cantiere?
Conoscendoci ormai un po’, ricorderai quella sana dose di scaramanzia che non mi abbandona. Vorrei solo dirti che dopo il dolore e la felicità, materie della stessa materia, il sentimento che voglio continuare a manifestare con le storie del nostro mondo è l'amore. Passerà attraverso l'impossibile versione di relazioni illecite, e precoci passioni. Sto cercando di eliminare il tessuto delle interviste per un'illusione di narrazione tutta in prima persona. Sarà la radice estrema della vita che vuole affiorare dentro l’imbroglio del cinema. Appena avrò la certezza che tutto questo sarà possibile, allora potrò davvero dirti a cosa sto lavorando.


"Appunti sulla Felicità" trailer


12/03/2016, 09:00

Simone Pinchiorri