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LE CONFESSIONI - Un Grido dell'Anima contro il Potere


Il nuovo film di Roberto Andò con Toni Servillo nei panni di un monaco confessore. Un cast internazionale per denunciare l'impotenza della politica sulle strategie economiche mondiali. Con Connie Nielsen, Daniel Auteuil, Pierfrancesco Favino e Maire-Josée Croze. Dal 21 aprile al cinema con 01 Distribution in 250 sale


LE CONFESSIONI - Un Grido dell'Anima contro il Potere
Toni Servillo in "Le Confessioni" di Roberto Andò
Toni Servillo è guida, capo carismatico; dalla voce della pantera Baghera fino al monaco di "Le Confessioni" di Roberto Andò. Malgrado in conferenza stampa si nasconda dietro un'esagerata modestia, il ruolo di faro per i giovani attori italiani che lavorano con lui, e non solo, gli calza a pennello. Ma in realtà è anche di più.

Nel nuovo film di Andò, Servillo riesce a incidere oltre che sulla recitazione anche sulle scelte registiche. Inconsciamente, sin dalla fase di scrittura, se l'attore di riferimento è lui, tutto il film finisce per adeguarsi al suo modo di interpretare il personaggio; lento, ricco di sguardi interrogativi e perplessi (spesso senza motivo), distaccato dalla realtà e con un atteggiamento di superiorità e grandezza che da personale, nel film diventa estetica. Il film è Toni Servillo, certo perché è lui il protagonista, ma a guardar bene perché tutte le scelte di regia sembrano generarsi dal suo modo di essere.

Le Confessioni affronta argomenti interessanti ma un po' superati dalla cronaca, con giudizi non troppo originali sui grandi temi dell'economia e della finanza mondiale. Un filo giallo prova ad animare quella che sarebbe solo una barbosa riunione di Ministri del G8, con l'innesto di tre ospiti attesi e presto sgraditi: una scrittrice di best seller interpretata da Connie Nielsen, un cantante rock (Mark Klein) e il monaco italiano fatto da Toni Servillo. I primi due sembrano troppo leggeri nell'economia della storia, enfatizzati in alcuni momenti, dimenticati, almeno il musicista, nel complesso dell'intreccio.

Roberto Andò è tecnicamente meritevole, forse un po' troppo adagiato sullo stile (unico) di Sorrentino, ma come in molti lavori italiani sembra aver paura di far diventare il suo un film "di genere", rimanendo "d'autore" e perdendo gran parte del possibile appeal.
Perché non parlare di un tema scottante e importante attraverso un giallo vero, con tanto di vittima, assassino, indagini della polizia ma finire per raccontare di uccelli, formule matematiche, cani infedeli e mistiche sparizioni?

14/04/2016, 10:00

Stefano Amadio