Al centro di “
Dert” ci sono le persone. Le persone e le loro relazioni. Le persone e la loro capacità di superare, attraverso il lavoro e le relazioni, problematiche grandi e pesanti come un macigno.
In Bosnia più di vent’anni fa l’umano si è fatto disumano – bestia per meglio dire – e le ferite sono ancora evidenti (in alcuni casi indelebili). A
Bratunac, un paese che dopo la guerra si è trovato epurato dai suoi abitanti musulmani e che si trova oggi in una regione economicamente depressa, nel 2003 nasce la cooperativa “Insieme” con la prospettiva inclusiva di non considerare le differenze: dare lavoro a tutti, senza distinzioni etniche o religiose. In una zona famosa per la produzione di lamponi (ma priva di strutture per lavorare e commercializzare l’abbondante e rinomata materia prima)
Rada Zarkovic e Skender Hot decidono di puntare sulla forza solidale del lavoro e fondano uno stabilimento per la produzione di marmellate e succhi dove l’unica risposta a ‘chi sei’ è ‘sono nato in Jugoslavia ed ora sono bosniaco’.
Le immagini di filari, cassette ricolme di lamponi, delle mani frenetiche che selezionano i frutti sul nastro scorrevole, di imbottigliamenti e confezionamenti, restano negli occhi e trasmettono un senso di operosità e realizzazione. Ancor di più, forse, vista la scelta dei registi,
Mario e Stefano Martone, di eliminare voci e suoni d’ambiente (che aumenterebbero il fattore ‘documentario’ lasciando in ombra quello ‘simbolico’, evidentemente al centro della narrazione) a favore della colonna sonora.
Il documentario, nella prima parte – molto efficace – pregevolmente incorniciato da bellissime letture di storie di donne profughe e concentrato sul suolo bosniaco, dopo aver descritto la realtà di Bratunac e raccolto testimonianze (per le interviste si aggiunge a Rada e Zarkovic il fotogiornalista italiano
Mario Boccia nel raccontare il presente ma anche il passato) viaggia in un’altra direzione, arrivando in Italia.
Se il 6 aprile 1992 iniziava l’assedio di Srebrenica il 6 aprile 2009 un terremoto sconvolse L’Aquila, ed è proprio qui a L’Aquila che ritroviamo il 6 aprile 2015 Rada, Zarkovic e Mario, uniti da quel comune ‘
6 aprile’ ai cittadini aquilani. Più didascalico e meno convincente, il racconto italiano non trova una linea narrativa coinvolgente e segue lo svolgersi dell’evento commemorativo nato dal sentimento comune di due diverse esperienze di vuoto e sradicamento.
05/06/2016, 08:30
Sara Galignano