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VENEZIA 73 - Dal "Vangelo" secondo Pippo


Delbono racconta la sua personale versione della passione di Cristo, interpretata da un gruppo di rifugiati.


VENEZIA 73 - Dal
La sfida più grande per un artista ateo è forse quella di riuscire a dedicare un'opera a Cristo, sforzandosi a trovare la strada più adeguata per trattare una materia tanto delicata, quanto da se distante.

E' ciò che capita a Pippo Delbono, che in seguito alla scomparsa dell'amata e credente madre, sceglie di esaudire un suo grande desiderio, portando sul grande schermo la sua personale versione del "Vangelo".

Il volto di un moderno Cristo non può appartenere ad un professionista di un teatro borghese, ma va piuttosto scovato tra chi oggigiorno e con sacrificio compie il miracolo più grande, sopravvivere in un mondo avverso. Delbono entra in contatto con una comunità di rifugiati, che a poco a poco guida e trasforma in una vera e propria compagnia pronta a mettere in scena la vita di Gesù.

Se oggi decidesse di fare ritorno, il Re degli uomini avrebbe probabilmente la pelle nera. Ma questa società non si accorgerebbe del suo arrivo, trattandolo come fa con tanti altri fratelli, come se quel Calvario vissuto in acque aperte nella speranza di raggiungere la terra ferma non fosse già abbastanza.

Passando dal cellulare ad una macchina da presa, da inquadrature distanti e sinuose ad altre così vicine che sembrano toccare corpi e volti, Delbono prosegue nel suo percorso di esplorazione del linguaggio cinematografico, fatto di interruzioni, repentini cambi di stile, rimandi ad altre opere e trasversalità tra finzione e documentario. Un artista estremo e unico nel suo genere, che avrebbe meritato un posto in concorso a Venezia.

09/09/2016, 18:04

Antonio Capellupo