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Note di regia de "La Mafia Uccide Solo d'Estate - La Serie"


Note di regia de
Avevo visto “La mafia uccide solo d’estate” di Pif e mi era piaciuto. Quando ho saputo che stavano sviluppando una seria tv tratta dal film, ho pensato subito che mi sarebbe piaciuto dirigerla. È stato allora che ho iniziato a interessarmi al tema della serie. E, tra i tanti libri disponibili, tra quelli che potevano fornirmi un quadro ampio della Sicilia e dei siciliani, ho scelto La Sicilia come metafora, un libro intervista di Marcelle Padovani a Leonardo Sciascia. Nel mio lavoro i segni contano e ho interpretato proprio come un segno, la notizia, appresa proprio in quei giorni, che l’autrice viveva a Roma, a pochi passi da casa mia. È stato allora che ho pensato che la Sicilia si stava avvicinando. È stato in quegli stessi giorni che mi hanno offerto di dirigere la serie. Non vedevo l’ora di affrontare il racconto di quella realtà cosi lontana. Non mi spaventava certo la trasposizione in commedia ma ero solo preoccupato di non coglierne l’essenza. Sono mezzo piemontese e mezzo emiliano e avevo bisogno di calarmi nella realtà di Palermo e della mafia, di afferrarne lo spirito, magari addirittura il senso. Non sapevo ancora che Palermo è una città inafferrabile, che non è fatta solo di mafia, ma sapevo che la differenza stava lì, nella capacità o no di capire quel mondo. Ho pensato di leggere tutti i libri di mafia che avrei trovato, ma presto ho capito che sarebbe stato impossibile. Neanche se avessi avuto un anno avrei potuto affrontare tutta la bibliografia sulla mafia siciliana. Poi ho fatto un viaggio a Palermo, d’estate, per vedere la gente, sentirla parlare, ragionare, raccontare, anche solo per vederla muovere nel suo spazio naturale. Ho incontrato Pif nel quartiere Libertà, dove è nato e cresciuto. Abbiamo camminato per poche vie. Tra un angolo e l’altro ho conosciuto i luoghi dove sono stati assassinati tra il ‘79 e il ‘91 il capo della squadra mobile di Palermo Boris Giuliano, il presidente della regione siciliana Piersanti Mattarella, il giudice Rocco Chinnici, l’imprenditore Libero Grassi. Pif era felice che dal film sarebbe nata una serie. Ci sarebbe stata così la possibilità di far conoscere a un pubblico più ampio quelle tragiche realtà di cui io avevo avuto un assaggio in quel breve tragitto. A quel punto ero pronto per affrontare il mio lavoro. Ho cercato di creare un mondo che prendesse spunto dal film ma che poi riuscisse ad avere una propria autonomia perché il racconto seriale ha altre regole, altri tempi. Ecco, queste sono state le mie intenzioni di regia. Portarsi dentro delle cose lungo il viaggio, modificarle magari, approfondirle se possibile, ma tenerle dentro, non tradirle mai. Tutto il resto, come diceva Falcone, è lavoro a più non posso. Certo il mio lavoro è diverso e la mia battaglia assomiglia più a un enorme gioco. Ma sempre di lavoro a più non posso si è trattato.

Luca Ribuoli