Un legame indissolubile, radicato nel profondo ma ormai imprevedibilmente logorato, che rischia di soffocare.
Mauro Bonanni detto "Barella" gestisce da anni un vecchio cantiere di demolizione auto, ma la vecchiaia incombe e il suo rapporto con Roma, città in cui è nato e cresciuto (pur se nella periferia di Tor Pignattara), lo macera dall'interno.
La città è ormai un lontano ricordo di quella amata (e che aveva "vinto", come recita beffardo un vecchio tatuaggio al suo braccio...), la rabbia per il disagio in cui costringe a vivere quelli come lui sembrerebbe avere un unico fine: allontanarlo da lì, fargli cercare un'altra vita da un'altra parte, in un altro mondo. Ma non sarà semplice.
"
Ab Urbe Coacta" è l'esordio alla regia di un documentario di
Mauro Ruvolo (che ne ha curato praticamente ogni aspetto tecnico, dalle riprese al montaggio alle musiche), un lavoro - come dichiarato dallo stesso autore - elaborato in diversi anni che è anche, e forse soprattutto, "una profonda esperienza di vita, prima che un film".
Il razzismo "sui generis" di Bonanni è quello di tanti, spontaneo e contraddittorio. Il suo malessere è quello di tantissimi, disarmati e senza speranza. Cotonou, nel Benin, è un puntino sulla mappa ma può diventare molto di più. Basta pensarlo, basta volerlo, basta riuscirci.
19/11/2016, 20:06
Carlo Griseri