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Note di regia di "No Man is an Island"


Note di regia di
La scoperta dell'umanità attraverso l'indagine sulla vita stessa dell'uomo. Immagini d’archivio, al pari di object trouvé, che modellano e ricostruiscono la visione di un'umanità fittizia, sostanzialmente non veritiera eppure verosimile. Un’umanità illusoria, costituita esclusivamente da rappresentanti del mondo occidentale, che inscena nient’altro che l’umano comportamento, sradicato dal contesto in cui è avvenuto, per diventare mera estetica cinetica. Diviene insomma immagine/specchio dell'uomo, che non ha valore nel contenuto intrinseco dell'immagine in sé, ma assume valore nel simbolo che può diventare nel pensiero comune.

Perché parlare di “oggetto trovato” quando si discute su di un film?

Nel XX secolo abbiamo assistito ad una incredibile evoluzione dell'oggetto tale da riconsiderare la sua valenza fenomenologica. Nell'epoca in cui viviamo, quella della condivisione di massa, l'oggetto assume un'importanza non più fisica ma digitale, quella che Crispolti definisce l'oggettualità virtuale. Le immagini in movimento divengono la forma dentro il concetto. Allo stesso modo il video è la forma di rappresentazione artistica che più si dissocia dal fare narrativo e commerciale. Queste immagini nascono dalla consapevolezza di creare un film attraverso storie già esistenti. Qui le immagini assumono una fenomenologia oggettuale propria di questo tempo. Ogni immagine è la sospensione di un pezzo di realtà, (virtuale), che viene dilatata e troncata facendone perdere ogni percezione emotiva. Non abbiamo creato una sceneggiatura dando vita a dei personaggi o ad una storia, ma abbiamo preso delle storie (di altri) e ne abbiamo ricavato immagini fittizie con dei personaggi fittizi. Lavorando su un doppio livello parallelo, la struttura del film esplora la capacità formale dell'immagine, della sua essenza visiva che prende atto tramite la trasformazione fatta con la colorazione dei frame e della struttura antropologica ricercata per un approfondimento sulla funzione dell'uomo nell'universo, per finire, poi, nell'ignoto spazio profondo della via lattea. Una visione dell'uomo attraverso la manipolazione digitale, che alla luce degli immensi archivi, digitali o fisici che siano, può sembrare e forse lo è, un'operazione di riordino della memoria comune condivisa, che appare invece così frammentata e dispersa.

"No Man is an Island" è un patchwork di centinaia di immagini prodotte in tempi e luoghi lontani tra di loro, da persone diverse con aspirazioni e motivi diversi, una sorta di foto di gruppo, una sintesi, di certo incompleta, di quello che siamo.
Nessun uomo è un'isola, nessuno è completo in se stesso. Ogni uomo è un pezzo di continente, una piccola parte dell'universo.

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