Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia de "I Fantasmi di Portopalo"


Note di regia de
Due mari bagnano Portopalo di Capo Passero. Nel punto in cui Jonio e Mediterraneo s’incontrano, sembra che le correnti lottino tra loro. L’acqua cambia colore, si fa scura e minacciosa e si ha la sensazione di assistere ad uno scontro dal sapore arcaico. Durante tutta la lavorazione ho custodito questa immagine, consapevole che in qualche modo fosse parte del racconto. Anche la nostra storia nasce da uno scontro, non solo tra due navi, ma tra due mondi solo apparentemente distanti; da una parte i pescatori siciliani, dall’altra un gruppo di migranti asiatici arrivati in Europa per rincorrere il sogno di una vita migliore. E’ un racconto caldo, emotivo, fatto non da eroi ma da persone semplici. Ma è soprattutto una storia vera.
Prima ancora che ai governi è infatti ai pescatori di Portopalo che la storia, quella con la S maiuscola, ha bussato in casa per presentare il conto di altre vite umane. È a loro che prima di altri ha chiesto di scegliere come e da che parte stare in quest’ epoca di grandi esodi. Il naufragio del Natale del 1996 a Portopalo, in cui morirono 284 persone, e che solo per il coraggio di un pescatore e l’ostinazione di un giornalista è venuto alla luce, rappresenta l’inizio di ciò che stiamo vivendo oggi.
C’è però un’altra immagine che più di tutte ha segnato la lavorazione ed è quella di Anpalagan, un ragazzo di 14 anni realmente morto nel naufragio. È stato ripescando il suo documento che Salvo Lupo, il vero pescatore di Portopalo, ha capito che non poteva più far silenzio, ed è proprio sul suo sguardo dolce e determinato, così simile a quello di tanti adolescenti, che in fase di scrittura abbiamo costruito la doppia anima di questo progetto; non solo una fiction di denuncia ma anche un racconto sul sogno e la speranza.
Sentivamo l’obbligo di dare voce ad Anpalagan e ai ragazzi come lui, fuggiti dalla guerra con il desiderio di una vita libera e felice. Per farlo, senza tradire la verità dei fatti c’era bisogno di creare un punto d'unione, un elemento vivo, in grado di mettere in comunicazione il mondo dei pescatori con quello dei migranti. Nel personaggio di Fortunato risiede questa libertà narrativa. Lo abbiamo immaginato come un amico di Anpalagan, uno dei tanti ragazzi trasportati sulla Yohan e ritrovati senza vita sulle spiagge siciliane, ipotizzando però per lui un epilogo diverso e mettendolo direttamente in relazione con Saro e la comunità di pescatori. Fortunato ha così la funzione di rendere esplicito il percorso emotivo e di coscienza di Saro Ferro, interpretato da Giuseppe Fiorello, di rafforzare le sue certezze e inasprire e amplificare i suoi dubbi. Fortunato appare come un personaggio schivo, niente affatto facile, alle prese con un puzzle intricato; ricostruire la sua memoria. Per quanto Saro e la sua famiglia provino a metterlo a suo agio, lui non si integra, seguita a vagare per la cittadina trascinandosi dietro un passato sbiadito ed un futuro pieno d’incertezza. Per certi versi è un fantasma che ricorda agli abitanti e allo spettatore come la tragedia del naufragio aleggi tra le strade e le piazze della piccola comunità. Un fantasma in carne e ossa con lo sguardo sempre dritto al mare. Come in attesa di vedersi restituire qualcosa. Ho cercato di avvicinarmi a questa storia con grande discrezione, quasi in punta di piedi accordandomi agli stati d’animo del protagonista; un uomo semplice alle prese con una decisione che metterà lui e la sua famiglia contro la comunità di cui fanno parte da sempre. È un racconto in presa diretta sul senso di appartenenza e più ancora sul senso di responsabilità in un’epoca in cui sentimenti come la solidarietà, l’altruismo, sembrano esser relegati in secondo piano rispetto ad un mero quieto vivere. In questo senso sono emblematiche due figure femminili capaci di reagire e battersi; quella di Lucia, sua moglie, che decide di appoggiarlo sfidando a testa alta le istituzioni locali e quella di Meri, loro figlia che, nel suo desiderio di fare l’attrice, insegue quello che tutti gli adolescenti a qualsiasi latitudine, in Sicilia come in Sri Lanka, inseguono a quell’età: un sogno.
Credo che il valore aggiunto di questa fiction risieda nella sua attualità, nel calore e nella forza dell’interpretazione di Beppe Fiorello, nell’umanità profonda impartita con tratti sicuri alla figura del giornalista da Beppe Battiston.
Nell’emotività così autentica regalata da Roberta Caronia al personaggio di Lucia. Nel realismo di un gruppo di bravissimi attori siciliani. Nel senso di giustizia che procede inesorabile minuto dopo minuto. Nello sguardo di un ragazzo singalese con gli occhi fissi al mare che sembra quasi interrogarlo, parlarci, pregarlo. Domandargli per se stesso e per noi tutti; cos’altro ci dobbiamo aspettare adesso?

Alessandro Angelini