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I vincitori della terza edizione del Premio Cinematografico
"Fausto Rossano per il Pieno Diritto alla Salute"


Premio Cinematografico "Fausto Rossano per il Pieno Diritto alla Salute"


I vincitori della terza edizione del Premio Cinematografico
Si è conclusa ieri venerdì 3 marzo 2017, al cinema Modernissimo di Napoli, la III edizione del Premio Fausto Rossano per il Pieno Diritto alla Salute. Dopo le ultime proiezioni del concorso cinematografico e il riconoscimento a Edoardo De Angelis premiato dall’assessore alla Cultura del Comune di Napoli Nino Daniele, la Giuria, composta da Sergio Brancato, Carlo Cerciello, Roberto D’Avascio, Titta Fiore, Assunta Maglione, Francesco Pinto ha deliberato all’unanimità.

Premio Fausto Rossano 2017 per il miglior lungometraggio a:
Habitat
, di Emiliano Dante, per il difficile tentativo di ricostruire un’architettura sentimentale andata distrutta con il terremoto che ha colpito l’Aquila nel 2009. Nel lavoro si legge lo sforzo di non smarrire se stessi, di non rimuovere la propria tragedia, ma piuttosto di restituirle dignità umana. Come recita la voce narrante: non serve esorcizzare la paura negandola a se stessi e agli altri, ma – per contro – tenerla sempre bene a mente, così come occorre ricordare la morte dei propri compagni, i loro nomi, le loro vite, perché dimenticando gli altri perde di senso anche la propria stessa vita. Il film di Dante ha soprattutto il merito di cogliere e restituire la poetica sofferenza inaspettatamente sprigionata dalle viscere della terra, attraverso un dialogo interiore che riesce a uscire dall'isolamento emotivo per trasformarsi in forma artistica.
L’opera, girata in un bianco e nero stilisticamente assai efficace, esplora le macerie fisiche e mentali de L’Aquila, restituendone tanto il documento visivo quanto il lavoro di introspezione compiuto dal suo autore per accedere alla realtà di un lungo post-terremoto. La giuria, infine, ha voluto premiare la capacità di raccontare lo spaesamento e la crisi d'identità dopo la paura in gruppo di ragazzi della città de L'Aquila all’indomani del terremoto, in una forma che rinnova e problematizza il linguaggio del documentario e la sua relazione costitutiva con l’idea di realtà.

Premio Fausto Rossano 2017 per il miglior cortometraggio a:
Te quiero papa
, di Gabriel Lúgigo, storia solo in apparenza paradossale, in cui una figlia logorroica sistema il suo anziano padre - con ogni probabilità affetto da demenza senile - legandolo di fronte al televisore per abbandonarlo da solo in casa. Questa brevissima lezione sul rispetto e l’affetto fra uomini passa attraverso il contrasto (notevole) fra azioni e parole. Ottime le interpretazioni dei due attori protagonisti. La giuria ha colto su tutto l'originale vivacità di un racconto difficile (come quello del cortometraggio), capace di condensare in pochi minuti la crudele tragicità del vivere quotidiano nel mondo contemporaneo. Il tutto narrato con il ritmo incalzante di un sentimento inesistente che scivola sul suo simulacro: un mondo vacuo in assenza assoluta della consapevolezza di "ferire" la sensibilità di una umanità resa differente da una condizione di sofferenza ma non per questo meno legittimata a esistere.

Menzione speciale della Giuria per i cortometraggi:
La sedia di cartone
, opera realizzata con pochi elementi poveri, non privi di colorata poesia, per costruire la sedia-futuro che consentirà a un bambino di osservare il mondo e di crescere. Film caratterizzato di una semplicità disarmante, ma anche una significativa lezione di umiltà e dignità esistenziale: in un mondo ricco, troppo spesso cieco e non consapevole della propria fortunata condizione, una sedia di cartone può insegnare a vivere.
Ambientato in Kenya, questo corto racconta sottraendosi ai toni drammatici e preferendo una narrazione serrata, senza eccessi, che mette in scena una profonda idea di dignità evitando le facili coloriture del pietismo. Quasi privo di dialoghi, ma proprio per questo perfettamente comprensibile, illustra una condizione che può essere letta nella sua sbilanciata specularità tra gli eccessi dell’occidente industrializzato e la condizione di inaccettabile subalternità che colpisce il resto del mondo.
Selfie, opera di estrema sintesi e corrosiva qualità narrativa, indice puntato contro lo sguardo cieco di un mondo che non sa più guardare alla differenza e alla sofferenza dell’altro da sé. Denunciando il rispecchiamento narcisistico che a volte emerge dalle pratiche sociali della rete, il film denuncia con estrema e corrosiva sintesi l’attitudine narcisistica di alcune pratiche social. Asciutto, ben girato, sviluppato perfettamente in due minuti, Selfie ci spinge con garbata intelligenza a riconsiderare l’uso delle tecnologie digitali nelle attuali modalità delle relazioni interumane.

05/03/2017, 09:17