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Note di regia di "The Habit of Beauty"


Note di regia di
Dopo tre documentari ho voluto cimentarmi con il lungometraggio, realizzando un film molto personale. Con Enrico Tessarin volevamo scrivere e produrre un film su problemi che sentivamo sulla nostra pelle e cercarli di raccontare senza compromessi. Abbiamo iniziato a sviluppare lo script sul rapporto di amore-odio che abbiamo con Londra, città piena di follia e contrasti, come un’incarnazione del ‘male di vivere’ del giorno d’oggi. Come Ian ho trovato la mia salvezza grazie al sostegno della famiglia e la passione che condivido con mio padre: la fotografia. È quasi diventata un’ossessione e mi ha dato la forza di fare qualcosa di diverso, creato dal nulla. “Mai perdere la propria identità e assicurarsi che venga fuori, nitida e chiara”. Le parole di mio padre sono più cristalline che mai, ora che per oltre dieci anni ho vissuto a Londra. Sono affascinato dal modo in cui la società di oggi ci spinge a conformarci e ci fa scendere a compromessi; ci fa concentrare più su quello che sembriamo e appariamo invece di chi siamo veramente. Questo, per me, è il problema che i protagonisti de “The habit of beauty” devono affrontare. Ernesto, Elena, Stuart, Ian e tutti i personaggi che li circondano, hanno vissuto la loro vita creando un’immagine di successo, una posizione sociale che li definisca come professionisti e come persone. Facendo così hanno però sacrificato tutto il resto: la famiglia, l’amore, le relazioni, l’etica. Neanche la morte del proprio figlio interrompe l’ossessione per la carriera e il successo, fino a quando non è più possibile continuare e tutto si sgretola. Attraverso la dolorosa comprensione della loro fragilità scoprono il legame che li unisce. Sono diversi per vita, background sociale, personalità ma capiscono che le relazioni personali e il calore umano di una famiglia sono ciò che davvero gli manca. In “The habit of beauty” il mio obiettivo principale è stato quello di catturare visivamente i momenti più privati, esplorare i sentimenti profondi di un gruppo di personaggi eterogenei. Volevo rappresentare le diversità e le somiglianze nelle loro aspirazioni e nei loro bisogni. In ultima analisi, anche le persone più diverse hanno qualcosa in comune, qualcosa che li possa collegare, qualcosa che trascende la condizione economica, il colore della pelle o le opinioni politiche. Qualcosa che va dritto all’essenza di ogni essere umano, o, per essere precisi, di ogni essere umano in un particolare momento nel tempo. Alla fine di questo film non ci saranno vincitori e perdenti, ma ci saranno persone che hanno imparato a conoscere l’essenza stessa della propria vita. Ad apprezzare qualcosa troppo spesso dato per scontato: la bellezza della vita dentro e intorno a loro, la bellezza di essere chi sei: diverso, unico, speciale.

Mirko Pincelli