"Due Piccoli Italiani" di Paolo Sassanelli al Bif&st
Possono gli uomini (ri)uscire ad entrare in contatto tra di loro in un dialogo profondo fuori dai rigidi schemi imposti dalla razionalità per ritrovare se stessi?
È intorno a questo interrogativo che si intrecciano le vicende dei protagonisti di "
Due piccoli italiani", opera prima di
Paolo Sassanelli, presentata ieri pomeriggio fuori concorso al Petruzzelli alla presenza dell’intero cast. Una favola o una commedia lirica, come l’ha definita lo stesso regista, accolta da lunghi applausi e una standing ovation degna delle grandi occasioni.
Il film racconta le vicende di due amici, Salvatore e Felice che si incontrano in una struttura psichiatrica e di lì per una serie di vicende, si trovano a fare esperienza del mondo, ad entrare in contatto con quell’altrove che a loro era stato sempre negato, ognuno intento a fare i conti con i propri mostri, nel tentativo di superare paure e inibizioni.
E così dopo una serie di rocambolesche vicende, mai scontate e retoriche, nonostante la tentazione, ambientate tra Bari, Minervino, Murge, Rotterdam e Reykjavik, i protagonisti grazie anche all’aiuto della stravagante Anke, una credibilissima
Rian Gerritsen, si ritrovano in una natura rinverginita, metafora della loro stessa rinascita a nuova vita e della maturata capacità di riuscirvi ad aderire.
Sin dall’inizio il film riesce a catturare l’attenzione dello spettatore, accompagandolo con grazia e delicatezza, su un nuovo piano di comunicazione dove tutto diventa possibile, grazie anche ad una recitazione impeccabile, bravissimi
Paolo Sassanelli e Francesco Colella, e ad un ritmo narrativo che tiene anche perché sostenuto da una scrittura coerente e coesa. Soggetto e sceneggiatura sono stati scritti dallo stesso Sassanelli in collaborazione con
Francesco Apice e Chiara Balestrazzi.
Stefania Del Giglio