Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Arrivederci Saigon"


Note di regia di
Una scena di "Arrrivederci Saigon"
Fu proprio una manifestazione contro la guerra in Vietnam la mia prima esperienza in piazza.
Ero solo una ragazzina però mi sentivo parte di un’onda che stava travolgendo il mondo, la certezza di stare nel posto giusto. Non mi sono mai sentita sola nel ’68, e nemmeno infelice perché credevo di poter cambiare il mondo. Mentre in Italia i giovani occupano le scuole, rinnegano l’autorità di una famiglia patriarcale, rivoluzionano i costumi governati dalla chiesa cattolica e decidono di essere soggetti politici, cinque ragazzine della provincia toscana imparano il Soul insieme ai soldati afroamericani in Vietnam.
Ho voluto raccontare queste cinque donne da donna, con uno sguardo che cerca di cogliere la
complessità dell’identità femminile e il fascino di un’esperienza tanto ricca di emozioni, e uno
stile privo di retorica che sceglie il racconto della dimensione umana.
Con un linguaggio asciutto come la sporca guerra che fa da sfondo, il film segue la narrazione realistica degli avvenimenti, utilizzando i filmati di cui sono pieni gli archivi in corrispondenza
delle date indicate nei diari delle ragazze. Rispettando la scaletta dei loro concerti per la colonna musicale e magari organizzando un concerto con gli allievi della loro scuola di musica che sopravvive con pochi mezzi da anni e con le signore, ancora una volta sul palco, che ancora la sanno lunga in fatto di soul.
Le parole, i ricordi, gli incontri e i volti del presente sono parte fondamentale della narrazione, senza i quali si rischia di cadere in un reducismo nostalgico o quasi museale. Ho voluto raccontare le ribelli sognatrici e stravaganti che ancora si celano dietro queste signore di mezza età. E restituire loro l'orgoglio di una vicenda di cui si sono sentite troppo a lungo ingiustamente colpevoli.
La loro avventura in Vietnam è un folgorante romanzo di formazione: è il '68 fuori da slogan e luoghi comuni, un '68 che ai giorni nostri sarebbe semplicemente impensabile.
Ma perché tutto questo sia legittimato nel nostro presente serve anche il senso prospettico che ci danno le immagini d'epoca, la loro capacità di catapultarci in quei giorni. La guerra del Vietnam è ancora oggi un pozzo senza fondo di immagini di repertorio, anche negli archivi italiani. E sono utilissime a ricostruire con forza il preciso contesto di quei mesi, senza dare per scontato che il nostro spettatore si orienti da solo, senza sforzo, in quella guerra.
Ma non è solo la guerra che viene fuori lungo questo racconto, anzi. C’è lo scenario avventuroso e dolente, con le basi sperdute nella giungla, nel backstage della guerra e delle soste spaventate in attesa dello scontro, degli scambi d’affetto rubati, della fame, della pioggia e del caldo soffocante. Dei concerti e della musica che ha dato il coraggio alle protagoniste di arrivare fino a laggiù e di vivere un’esperienza tanto intensa.
È la storia di una passione che ancora oggi, alle cinque mature signore, riempie la vita di felicità.

Wilma Labate