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Note di regia di "Figli del Destino"


Note di regia di
Una scena di "Figli del Destino"
Circa un milione e mezzo di bambini sono stati assassinati durante la Shoah. Oltre un migliaio di loro erano italiani e sono morti, spesso, tra stenti terribili e atroci sofferenze fisiche e psicologiche.
La maggior parte dei piccoli uccisi ad Auschwitz veniva attratta nelle camere a gas con la promessa di andare a trovare le loro mamme. Altri, invece, venivano usati per esperimenti scientifici terribili come l’inoculamento di malattie per cui provare a trovare una cura. Per altre migliaia di bambini ebrei in Italia non è stato facile sopravvivere: si sono nascosti, hanno cambiato il proprio nome e cognome, sono stati separati e strappati dai loro genitori, fratelli e sorelle che, spesso, non hanno mai più rivisto.
Per lungo tempo nessuno si è interessato alla loro vicenda, e i sopravvissuti si sono chiusi nel silenzio. Ci sono voluti quasi cinquant’ anni, l’essere diventati nonni, il successo di film come Schindler’s List e La vita è bella, nonché l’orrore per quanto stava accadendo nell’ex Jugoslavia con le pulizie etniche, per convincerli a parlare e a raccontare le loro storie. Per farle conoscere, certo, ma – soprattutto – per non fare dimenticare agli altri quello che avevano visto con i loro occhi.
"Figli del Destino" racconta le vicende di alcuni di loro: quattro storie di bambini italiani ebrei dal Sud a Nord Italia per mostrare come il caso sia stato determinante per tutti loro e come, incredibilmente, siano riusciti a sopravvivere per una scelta casuale del Destino.
Quattro avventure spaventose e meravigliose al tempo stesso, in un racconto doloroso, emozionante, commovente, ma anche attuale, fatto di speranza e resilienza, incentrato sul passato, ma che allude, inevitabilmente, alle suggestioni del nostro presente e del nostro futuro.
Pasolini diceva che il nostro paese è un “paese senza memoria”. Ecco, il nostro intento è quello di ricordare a chi potrebbe aver perso la memoria di quei terribili eventi e di far capire il pericolo del razzismo e della difesa della razza.Il nostro punto di vista è quello dei bambini. Per questo c’è nella messa in scena una ricerca di una prospettiva dalla parte di chi vede le cose dal basso.
La maggior parte delle scene che vedono protagonisti i nostri quattro bambini sono quindi girate con la macchina da presa che vede gli adulti dall’altezza dei piccoli, dal basso. Cerchiamo anche di raccontare gli eventi più drammatici di quegli anni, come ad esempio il campo di concentramento di Auschwitz, da cui sappiamo che la maggior parte dei bambini non sono usciti vivi, con un punto di vista inusuale.
Abbiamo infatti creato immagini quasi “oniriche”, che non tentano di ricalcare solo la dura realtà del campo, ma che tentano di far vedere come quella realtà era vista dai più deboli abitanti di quel campo.
Le immagini sono realizzate quindi con un punto di messa a fuoco “basculante”, non realistico, ma profondamente espressivo, con l’ausilio di speciali ottiche usate a questo proposito.
Questa docu-fiction intende ricostruire – per la prima volta – la storia di quegli anni dal punto di vista dei bambini descrivendo come si sono sentiti e quello che hanno vissuto in quei terribili sette anni che hanno sconvolto le loro vite e – in senso più generale – la Storia così come la conosciamo oggi.

Francesco Miccichè e Marco Spagnoli